Lucciola Bella

 

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Il Territorio

 

La Riserva, situata a sud-est della cittadina di Pienza, lungo la strada che dalla Val d'Orcia porta a Chianciano Terme, circoscrive un piccolo angolo del famoso paesaggio delle Crete Senesi. Lucciola Bella è il nome del podere ormai abbandonato che domina le colline argillose su cui sorge l'area protetta. Dal podere la vista spazia a 360 gradi verso il Monte Cetona, il Monte Amiata ed i caratteristici paesi di Radicofani, Castiglion d'Orcia, Pienza e Monticchiello. Tutti i tratti caratteristici della Val d'Orcia si ritrovano riassunti nella Riserva. L'elemento saliente è certamente costituito dalle biancane e dai calanchi, forme erosive caratteristiche del paesaggio delle Crete Senesi, e ad esso sono legati importanti ed esclusivi aspetti vegetazionali e ornitologici. Il fiume Orcia, che nasce pochi chilometri ad oriente, sul Monte Cetona, scorre ai piedi dell'area protetta formando un largo letto ciottoloso, insinuandosi poi tra le gole di Ripa d'Orcia fino a gettarsi nell'Ombrone, nei pressi di Monte Antico.

Una parte della Riserva Naturale è ricoperta dalle particolari forme di degrado geomorfologico dette biancane e calanchi. Mentre i secondi sono diffusi su tutte le litologie argillose, le prime sono caratteristiche dei terreni argillosi recenti e, in particolare, di quest'area delle Crete Senesi.


Le argille della Val d'Orda sono sedimenti geologicamente giovani, che si sono deposti durante il Pliocene (a partire da 5 milioni di anni fa) in un profondo braccio di mare che sommerse la valle e una buona parte della Toscana per circa 2 milioni di anni. Nei tratti costieri di questo antico mare, o comunque dove la profondità era minore, si depositarono sedimenti più grossolani, come sabbie e conglomerati, che oggi formano le pareti verticali situate nelle propaggini settentrionali della Riserva e vanno a costituire il crinale di La Foce e le alture di S. Quirico e Pienza, dove queste litologie, più resistenti, furono prescelte per la costruzione dei centri abitati.

Soggetti a continui cambiamenti ad ogni pioggia, i calanchi, rappresentati nella Riserva solo in un piccolo lembo meridionale, compaiono, su ripidi pendii, come affilate creste di terra separate da strette vallecole, in un complicato reticolo creato dal ruscellamento concentrato delle acque piovane. Le biancane sono forme molto più dolci, tondeggianti, e ricoprono una significativa estensione della Riserva, localizzandosi nella parte alta dei versanti in gruppi più o meno estesi. Il loro nome deriva dalla tipica colorazione biancastra dovuta ad efflorescenze di thenardite, un solfato di sodio che si deposita preferibilmente sui fianchi esposti all'irraggiamento solare, specialmente in determinate condizioni climatiche.
 

Sull'origine di calanchi e biancane, e soprattutto sulle cause che fanno prevalere una di queste forme sull'altra, ci sono varie ipotesi, fra cui l'effetto combinato della composizione delle argille con la pendenza del versante; sembra infatti che i calanchi si impostino su argille leggermente meno erodibili di quelle delle biancane, per la presenza di una piccola componente sabbiosa, e sui dislivelli maggiori, spesso mantenuti tali dalla presenza sulla sommità del versante di sedimenti più resistenti come sabbie o conglomerati. Un'ulteriore fattore chiamato in causa è l'esposizione: nei pendii rivolti a sud, maggiormente sottoposti all'azione del sole, la disgregazione delle particelle argillose, e quindi la loro erosione, sarebbe favorita. Inoltre le biancane, più che forme incise dal ruscellamento come i calanchi, sono definibili come "rilievi residuali": le acque piovane cioè, forse impostando il loro corso su preesistenti irregolarità del versante, hanno pian piano separato lungo il pendio queste cupole di argilla, continuando a inciderne i fianchi.

L'uomo, mettendo a coltura e a pascolo territori un tempo boscati, ha senza dubbio fornito nuove superfici all'azione erosiva della pioggia, contribuendo alla formazione di calanchi e biancane. Allo stesso modo però è stato anche il principale nemico per molte di queste affascinanti forme, che solo il tempo, nell'arco di qualche secolo, avrebbe prima o poi cancellato. La distruzione, avvenuta con l'avvento dell'agricoltura intensiva, ha principalmente interessato le biancane, poiché le ripide pendici a calanchi erano perlopiù inaccessibili.

 

La vegetazione

 

Difficile immaginare le colline della Val d'Orcia ricoperte di cerri e roverelle a perdita d'occhio dove oggi siamo abituati a vedere le forme tipiche del paesaggio delle Crete; eppure così doveva apparire la vallata molti secoli fa, quando la pressione demografica non era ancora tale da spingere a cercare in questa terra nuovi territori da coltivare, a scapito del manto forestale.

La vegetazione di maggior interesse della Riserva la si ritrova però proprio nelle superfici disboscate e oggi maggiormente sottoposte all'erosione, come i calanchi e, soprattutto, le biancane. In questi terreni in gran parte nudi si è sviluppata una particolare vegetazione alofitica, costituita cioè da piante adattate alle alte concentrazioni di sali sodici, quali la già citata thenardite.

Di questa vegetazione estremamente specializzata fa parte Artemisia cretacea, un piccolo cespuglio aromatico dalle foglie sfrangiate di color verde-azzurrognolo, endemico dei terreni argillosi in erosione della Toscana e dell'Emilia Romagna, che nella Riserva si stabilisce principalmente sui fianchi dei calanchi e delle biancane e alla base di queste ultime, in corrispondenza dei livelli di erosione e di salinità maggiori. Molto gradita dalle pecore, l’Artemisia cretacea è la principale responsabile del particolare sapore che ha dato la celebrità al formaggio delle Crete Senesi.

Accanto all'Artemisia crescono la scorzonera delle argille, una composita dal fiore giallo tipica dei terreni argillosi, e diverse specie di graminacee, come la piccola loglierella ricurva, dalle curiose foglie ritorte, e la loglierella sottile, entrambe caratteristiche dei suoli a notevole salinità delle zone costiere. Ad esse si aggiunge l'orzo marittimo, un'altra graminacea tipica dei litorali e molto rara all'interno.

 

Appena l'influenza del sale e dell'erosione si fa meno estrema, come ai piedi delle biancane, le specie alofile sono sostituite da piante meno specializzate, ma in ogni caso adattate alla forte aridità che caratterizza le argille nel periodo estivo; si tratta di fitti tappeti di erbe in cui prevale la gramigna litoranea e nei quali cresce abbondante anche la sulla, una leguminosa che in Val d'Orcia viene anche coltivata come foraggio, colorando spesso con i suoi fiori porporini grandi distese di campi. Nelle porzioni più pianeggianti, dove l'erosione è meno forte e le condizioni del suolo sono più stabili, riesce a crescere un altro tipo di prateria, dominata questa volta dal forasacco, dove compaiono numerose orchidee selvatiche, tipiche di questi suoli poveri, come Ophrys bertolonii e Orchis coriophora.

Nelle praterie, man mano che c'è accumulo di suolo, si insedia la ginestra odorosa, uno dei primi arbusti a colonizzare le biancane, alla quale si aggiungono in un secondo momento il prugnolo, l'olmo campestre, il ginepro e il ligustro. Intorno ad alcune biancane gli arbusteti si sono già ricostituiti, con olmo e prugnolo che hanno approfittato del suolo trattenuto dalle praterie a forasacco, espandendosi anche tutt'intorno ai poderi abbandonati. Nei campi incolti della Riserva, dove l'erosione è minore rispetto alle biancane, si è sviluppata una fitta vegetazione erbacea a paleo, anch'essa gradualmente invasa dagli arbusti. L'arbusteto è la fase precedente alla ricostituzione del bosco di querce, i cui residui compaiono oggi in zone rimaste inaccessibili anche ai mezzi della moderna agricoltura, come lungo il fosso di Lucciola Bella, o intorno ad alcuni poderi.

 

In questi boschetti alla roverella e al cerro si accompagna un bel sottobosco, con olmo campestre, pero selvatico, biancospino, prugnolo e ligustro, insieme a più bassi cespugli di agazzino. Lungo la strada che conduce agli unici due poderi abitati della Riserva fa la sua comparsa anche il leccio, che insieme alla roverella forma un altro dei rari boschetti della Riserva. Le superfici boscate fanno anche da cintura ai corsi d'acqua, unendosi ai salici che colonizzano il letto di piena. Non sono comunque solo le argille ad ospitare particolari specie botaniche. Nel greto fluviale dell'Orda, che sfiora il confine meridionale della Riserva, sui sedimenti alluvionali cresce infatti una particolare vegetazione pioniera con cespugli di elicriso e di crespolina etrusca.

 

La fauna

 

Il paesaggio agricolo tradizionale, con campi e pascoli interrotti da siepi, boschetti e prati naturali, è ormai universalmente riconosciuto come un ambiente ricchissimo di fauna, un vero e proprio "ecosistema agricolo", dove la diversificazione del territorio concorre a tenere alto il numero delle specie presenti. La Riserva, ed anche altri angoli della Val d'Orcia e della campagna senese in generale, hanno mantenuto quasi intatti questi caratteri fino ad oggi. In particolare questo tipo di ambienti agricoli determina la presenza di moltissime specie di uccelli, gran parte delle quali sono oggi minacciate di estinzione. Molte di esse hanno infatti subito una drastica riduzione numerica e hanno abbandonato la maggior parte dei territori agricoli, sia a causa dell'utilizzo dei pesticidi che, forse in maggior misura, della scomparsa del mosaico di vegetazione che circondava i campi. Una specie che in Italia ha fortemente risentito del cambiamento ambientale seguito all'agricoltura intensiva è l'occhione, una specie rara e minacciata di estinzione a livello europeo. L'occhione è conosciuto nell'area senese e grossetana anche come tallurino o corrisodo, per la sue abitudini terricole. Il tipo di habitat preferito da questo uccello comprende ambienti aperti aridi, con radi arbusti, come alcune aree sabbiose costiere, larghi greti fluviali, pascoli e incolti.

Come l'occhione, anche l'albanella minore ha risentito fortemente delle modificazioni del paesaggio agricolo, nel quale sono drasticamente diminuite le aree incolte in cui nidifica. La zona delle Crete Senesi costituisce quindi un ambiente fondamentale per questa specie, che qui concentra un buon numero delle coppie nidificanti in Toscana. Simile all'albanella minore anche nelle abitudini ma leggermente più grande, l'albanella reale non nidifica nella Riserva, ma vi trascorre l'inverno, dando così il "cambio" all'albanella minore, che a fine estate riparte per l'Africa.

 

Altri rapaci sorvolano le Crete approfittando delle ottime possibilità di caccia che esse offrono. In primavera ed in estate non passa inosservata la candida sagoma del biancone, la cui apertura alare sfiora i due metri.

Ancora più localizzato e raro dell'albanella minore e del biancone, il falco lanario è presente nella provincia di Siena con pochissime coppie. Durante tutto l'anno sono possibili e frequenti gli avvistamenti della poiana, un grande rapace che utilizza i boschetti della Riserva per costruire il proprio nido e gli spazi aperti circostanti per cacciare soprattutto roditori.

Oltre ai rapaci molti piccoli uccelli, alcuni dei quali in preoccupante diminuzione in tutta Europa, trovano il loro habitat ideale nelle Crete, dove alla grande disponibilità di insetti, frutta e semi si unisce la presenza di sicuri rifugi per la nidificazione, come i boschetti e i lunghi filari di siepi. Le siepi, ancora frequenti a Lucciola Bella, erano ampiamente utilizzate in passato per delimitare le proprietà e il passaggio del bestiame, e il reticolo che formavano doveva essere ben più fitto di oggi. Dalla cima degli arbusti o dai rami più sporgenti l'averla piccola aspetta di piombare addosso a qualche grosso coleottero, con picchiate che ricordano quelle dei rapaci. Questa averla, e le più rare averla cenerina e averla capi-rossa, sono passeriformi migratori, con popolazioni drasticamente calate in tutta Europa, la cui presenza è un vero e proprio indicatore ambientale. Altrettanto importante è la presenza dell'ortolano, un passeriforme poco appariscente se non per il grosso becco, adatto a schiacciare i semi di cui si nutre.

 

In prossimità della Riserva nidifica, con pochi individui, anche la ghiandaia marina, un uccello dal bel piumaggio azzurro. E' anch'essa una specie in declino in tutta Italia a causa delle trasformazioni ambientali. Agli inizi della primavera arrivano in Val d'Orcia i gruccioni, parenti della ghiandaia marina e come questa vivacemente colorati; fondamentale per loro è la presenza di insetti come api, vespe e libellule, che cacciano sorvolando i campi e i prati.

I prati aridi e i margini delle coltivazioni sono frequentati dall'allodola e da specie appartenenti alla stessa famiglia, come la tottavilla, la cappellaccia e la calandrella, tutte caratterizzate dal piumaggio marrone screziato, particolarmente mimetico, e dal canto melodioso. Questi uccelli si cibano a terra ricercando semi e insetti, abitudine che le rende particolarmente sensibili all'utilizzo di pesticidi in agricoltura. In particolare la calandrella ha subito un forte calo numerico in Europa ed in provincia di Siena è presente esclusivamente in Val d'Orcia, in particolar modo nella rada vegetazione dei greti dell'Orcia e del Formone.

Il calandro, molto simile sia nell'aspetto che nelle abitudini (pur appartenendo ad una famiglia differente da quella dell'allodola) frequenta gli stessi ambienti; la Riserva costituisce l'unica area della provincia interessata dalla presenza di questa specie, che ha subito una forte riduzione delle popolazioni, specialmente in Italia e in Spagna, e che per questo è specie di interesse comunitario, per la quale l'Unione Europea richiede la salvaguardia dell'habitat.

 

Dando un'occhiata alla cima dei paletti delle recinzioni non sarà difficile vedere il saltimpalo, un piccolo passeriforme con il capo nero che contrasta con il petto marrone-rossastro; più raro è il codirosso, dalla tipica coda color ruggine continuamente in movimento. Le siepi più larghe e i boschetti più fìtti della Riserva danno rifugio a due piccoli mammiferi. La veloce e agitata donnola, dalla caratteristica sagoma allungata, corre a balzelli, fermandosi ogni tanto a scrutare l'orizzonte sulle zampe posteriori, e ripartendo di nuovo per rincorrere arvicole e topi campagnoli che, se necessario, insegue fin dentro la loro tana. Il più tranquillo riccio esce alla sera e durante la notte perlustra il sottobosco e le zone limitrofe, spingendosi anche nelle vicinanze delle abitazioni, per cercare lombrichi e chiocciole.