Alto Merse

 

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Il Territorio

 

La Riserva, situata a sud-ovest della città di Siena, racchiude un lungo tratto del fiume Merse e comprende anche il torrente Ricausa, una buona parte del torrente Rosia e l'ultimo tratto del torrente La Gonna, tutti affluenti del Merse.
La zona, a pochi chilometri da Siena, è estremamente suggestiva per la continuità e l'estensione dei boschi, interrotti solo dagli antichi borghi di Brenna, Orgia, Torri, Stigliano, Spannocchia, Pentolina, e dalle fortificazioni medievali di Montarrenti, Frosini e Castiglion Balzetti (oggi ribattezzato "Castiglion che Dio sol sa"), che suggeriscono l'importanza strategica avuta in passato da questa parte del territorio senese. Da qui passava infatti l'antica strada Massetana che univa Siena a Massa Marittima e, tramite una deviazione nei pressi dell'Abbazia di San Galgano, alla Maremma. Il Museo del Bosco di Orgia, anche tramite una serie di sentieri che interessano la Riserva, ricostruisce le attività che ruotavano intorno al bosco, fino a pochi decenni fa parte essenziale dell'economia delle popolazioni di questa zona.

Le poche aree pianeggianti offerte dalle piane alluvionali del Merse davano infatti scarse possibilità di coltivazione agricola; in più molte di esse formavano il Padule di Orgia, bonificato completamente solo in tempi recenti.

 

La Riserva comprende la parte settentrionale della Dorsale Monticiano-Roccastrada, una porzione della cosiddetta Dorsale medio-toscana che da Iano, passando per la Montagnola Senese, percorre tutta la Toscana meridionale, digradando nella piana grossetana. In questa dorsale le formazioni geologiche predominanti appartengono al Gruppo del Verrucano, che affiora in tutta la parte centro-meridionale della Riserva e che trae il nome dal Monte Verruca sui Monti Pisani, dove è particolarmente ben rappresentato. Si tratta di una serie di rocce di origine sedimentaria (principalmente quarziti, anageniti e scisti, costituiti in gran parte da granuli di quarzo di diverse dimensioni), di ambiente continentale e di transizione, interessate da un metamorfismo di basso grado, che nell'insieme hanno un colore tipicamente violetto o rosato. La loro età risale alle primissime fasi di apertura dell'Oceano Ligure Piemontese (periodo Triassico inferiore, circa 250 milioni di anni fa), quando nell'originario supercontinente Pangea si formarono numerose e profonde fosse tettoniche nelle quali i fiumi, in un clima arido o semiarido, riversavano grandi quantità di sedimenti, e che successivamente furono invase dalle acque marine.

Le quarziti del Gruppo del Verrucano vanno a costituire i rilievi maggiori dell'area e, grazie alla loro resistenza all'erosione, formano versanti particolarmente ripidi e strette gole nei punti in cui vengono incise dai corsi d'acqua.

 

La vegetazione
 

I boschi che ricoprono la Riserva si portano dietro una lunga storia di utilizzazione da parte dell'uomo, che ha favorito, con il taglio, o nel caso dei castagneti, con vere e proprie piantumazioni, la diffusione di alcune specie a scapito di altre. La maggior parte dei rilievi, e precisamente quelli in cui affiorano le rocce del Gruppo del Verrucano, è ricoperta da boschi di caducifoglie in cui prevale il cerro, una querce che si adatta bene ai terreni silicei. Insieme al cerro crescono specie arboree diverse man mano che si risalgono i versanti. Nelle condizioni di maggiore umidità come nei fondovalle e nei versanti esposti a nord, ad insolazione minore, è tipico trovare insieme al cerro il carpino bianco, il nocciolo, comune anche a ridosso dei corsi d'acqua, come anche il corniolo, caratteristico per le aspre drupe rosse che produce a fine estate; frequenti anche l'olmo, l'orniello e l'acero campestre. Nel medio versante, dove la disponibilità di acqua è minore e il suo lo meno profondo, il cerro cede in parte il posto alla rovere, una quercia non molto comune nei boschi attuali. La rovere doveva essere molto più diffusa di oggi nei querceti, in corrispondenza dei terreni acidi (quali quelli silicei del Verrucano); i tagli ripetuti però, favorendo le specie arboree a più rapida crescita e, spesso, causando l'impoverimento del suolo, ne hanno causato la rarefazione. Nella Riserva questa bella e pregiata querce è ancora ben rappresentata, specialmente nella parte bassa dei versanti, in condizioni più fresche, dove forma fitti popolamenti. Sporadicamente fra le specie arboree compare anche la cerro-sughera, una querce sempreverde dalla corteccia sugherosa che sembra derivi dall'ibridazione naturale di cerro e sughera. Nei punti più freschi e umidi della cerreta, come alla base dei versanti digradanti verso il fiume, sono frequenti gli arbusti di agrifoglio.

 

Il suolo acido in cui vegeta la cerreta è favorevole alla crescita della felce aquilina, frequente nel sottobosco insieme a diverse specie di graminacee, all'anemone bianco e, più raramente, alla digitale appenninica, una pianta che produce una lunga infiorescenza con numerosi piccoli fiori gialli, endemica dell'Appennino e della Corsica, presente anche nei castagneti della Riserva. Un'ultima variante della cerreta si ha, infine, sui versanti esposti a sud, più soleggiati, e sulla sommità dei rilievi in cui affiora il Verrucano; le condizioni più calde e aride favoriscono qui le piante tipiche della macchia mediterranea e, accanto al cerro, questa volta compare il leccio e la più rara sughera, due querce sempreverdi la cui foglia coriacea limita le perdite di acqua per evaporazione. Il corbezzolo, anch'esso specie tipica della macchia mediterranea, forma lo strato arbustivo insieme alle eriche (qui presenti con l'erica arborea e l'erica da scope), amanti dei suoli acidi.
I castagneti costituiscono, dopo le cerrete, l'habitat boschivo più diffuso della Riserva; la loro estensione è stata favorita dall'uomo che ha selezionato il castagno dove era già presente o lo ha piantato dove il terreno e le condizioni climatiche lo consentivano.

 

Sui pochi affioramenti calcarei, localizzati nei dintorni di Spannocchia, la vegetazione dominante è costituita dal querceto a roverella, una querce caducifoglia tipica di suoli poco sviluppati che, come suggerisce il nome latino (Quercus pubescens), è riconoscibile dalle altre specie di querce grazie alla peluria che ricopre il picciolo e la pagina inferiore delle foglie. Insieme alla roverella crescono il cerro, il leccio e l'orniello. Il sottobosco è ricco di corniolo, sanguinello, prugnolo, ligustro, agazzino nei luoghi maggiormente umidi e di specie tipiche della macchia mediterranea nei punti più caldi, con corbezzolo, fillirea, viburno ed eriche, su cui si appoggiano i fusti lianosi del caprifoglio etrusco e del tamaro. La lecceta, molto estesa ad esempio nella vicina Riserva Naturale Basso Merse, è qui relegata, alternandosi al querceto a roverella, ai rilievi calcarei che circondano la Fattoria di Spannocchia, nei punti più aridi come nella fascia di crinale; non si tratta generalmente di un vero e proprio bosco ma piuttosto di una macchia alta, dove il corbezzolo, la fillirea e il ginepro contendono lo spazio al leccio e a volte prendono il sopravvento.

 

Lungo il fiume Merse e i suoi affluenti si sviluppa un tipo di vegetazione particolarmente adattata alla presenza più o meno costante di acqua e alla scarsità di suolo, periodicamente portato via dalla corrente. Nel letto di piena predominano i salici, con diverse specie, a cui si affiancano i pioppi. Più lontano dalle sponde, dove le piene arrivano solo eccezionalmente, vivono il pioppo tremolo, il carpino bianco e il frassino meridionale. Vi compare inoltre l'ontano nero, un albero che ha aggirato l'ostacolo della mancanza di terreno fertile, grazie alla simbiosi con batteri capaci di fissare l'azoto atmosferico nelle sue radici.

Altro raro esempio di boschi legati ai corsi d'acqua si trova in un terrazzo alluvionale del Merse presso il Podere Campalfi, dove si è conservato un piccolo gruppo di maestose farnie. Nella porzione occidentale della Riserva, lungo la strada per Spannocchia e Pentolina, il bosco si apre in ampie radure, spazi un tempo coltivati e attualmente colonizzati da un tappeto di graminacee e da arbusti di bianco spino e prugnolo, spesso raggruppati in siepi, reminiscenza delle vecchie divisioni poderali.

 

La fauna

 

Una copertura boschiva così estesa e differenziata come è quella che caratterizza la Riserva, associata alla presenza di molti vecchi alberi e alla relativa tranquillità dei luoghi, offre i rifugi e le occasioni di alimentazione più vari per una moltitudine di specie animali. Il fiume e i suoi affluenti costituiscono poi altrettanti habitat ben conservati che contribuiscono ad aumentare la ricchezza di specie.
La maggior parte dei boschi della Riserva sono divenuti proprietà pubblica negli anni '60 e da allora è cessata la loro utilizzazione, se si escludono alcuni interventi di avviamento all'alto fusto; questo lungo "riposo" ha portato oggi ad avere bellissimi querceti invecchiati, con alberi di dimensioni sufficienti a ospitare nelle loro cavità molti mammiferi e uccelli. Fra questi ultimi in particolare vanno citati i picchi, presenti nella Riserva con il picchio rosso maggiore, il picchio verde e il torcicollo.

La riserva conta pregevoli presenze anche per quanto riguarda i mammiferi predatori, come il gatto selvatico, martora e puzzola. Il gatto selvatico, perseguitato con bocconi avvelenati e trappole fino agli anni '70, occupa oggi i boschi meno disturbati dall'uomo. Fra i mammiferi sono numerosi in tutta la Riserva il cinghiale e il capriolo.

 

Negli angoli boschivi maggiormente umidi, in prossimità dei torrenti e dei fossi più integri della Riserva, si concentrano importanti specie a rischio della fauna italiana. Tra i muschi e il legno marcescente vive la salamandrina dagli occhiali, un piccolo anfibio endemico della penisola italiana, raro in tutta la Toscana, mentre il torrente La Gonna, affluente del Merse, vanta di essere uno dei pochissimi corsi d'acqua della Toscana meridionale ad ospitare ancora il gambero di fiume, un crostaceo le cui dimensioni, unite alla qualità delle carni, ne hanno fatto un oggetto di pesca sfrenata fino ai nostri giorni, avvicinandolo all'estinzione. Il torrente Rosia, affluente di sinistra del Merse caratterizzato da acque limpide e da un bel fondale roccioso, ospita la rana italica, specie endemica italiana indicatrice di acque non inquinate.

Nella vegetazione erbacea che caratterizza la piana alluvionale del torrente Rosia è stata rinvenuta la rara farfalla Zerynthia polyxena, il cui bruco si nutre di varie specie di Aristolochia, una pianta che cresce al bordo dei corsi d'acqua e nei prati circostanti.

 

Per quanto riguarda la fauna ittica, il bacino del Merse, come altri corsi d'acqua della Toscana e del Lazio, appartiene al cosiddetto "distretto tosco laziale", caratterizzato da popolazioni ittiche ben distinte da quelle che vivono al di là dello spartiacque appenninico ("distretto padano-veneto"), a causa della loro evoluzione separata. In particolare il "distretto tosco-laziale" si caratterizza per la presenza di ben quattro specie endemiche: il ghiozzo dell'Arno, il cavedano dell'Ombrone, il barbo appenninico e la rovella, tutte presenti nel bacino del Farma-Merse, a cui si aggiungono vairone e cavedano comune, presenti anche nell'altro distretto. La netta demarcazione fra queste due aree si è andata purtroppo attenuando dal momento in cui, qualche decennio fa, sono iniziate le "semine" di pesci provenienti dal Po o da altri Paesi, per le esigenze della pesca sportiva. Il torrente La Gonna conta la presenza della biscia tassellata, un serpente raro in tutta la nostra penisola, predatore di pesci e di rane, che nel torrente La Gonna ha una delle poche popolazioni conosciute per la Toscana meridionale, confermando con la sua presenza la qualità delle acque di questo corso d'acqua.


Un ulteriore elemento di diversità ambientale nel paesaggio della Riserva è rappresentato dalle zone prative e arbustate, residuo di precedenti coltivi, in cui compare la fauna legata alle aree aperte. Il cervone, un bellissimo serpente che può superare i due metri di lunghezza, frequenta questi spazi, al margine del bosco, per catturare uccelli, roditori ma anche prede più grosse, come giovani leprotti. In pratica il suo solo nemico, a parte l'uomo, spesso pieno di pregiudizi verso i serpenti, è il biancone, che lo cattura con spettacolari picchiate dopo averlo individuato dall'alto di un posatoio. Oltre a questo rapace migratore, presente in Italia con pochissime centinaia di coppie, le aree aperte della Riserva sono territorio di caccia per la poiana e per il gheppio, piuttosto comuni in tutti i territori rurali ben conservati, dove trovano i piccoli vertebrati, soprattutto roditori e insettivori, che costituiscono gran parte della loro dieta. Di notte gli stessi spazi sono frequentati dal barbagianni, dalla civetta e dall'assiolo. Quest'ultimo, in particolare, è un piccolo rapace notturno migratore che arriva in Italia in primavera, ed è molto sensibile all'inquinamento agricolo a causa della sua alimentazione, costituita essenzialmente da insetti.