Castelvecchio

 

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Il Territorio

 

La Riserva Naturale Castelvecchio è situata a pochi chilometri ad occidente di San Gimignano.
I confini della Riserva includono il versante occidentale di Poggio del Comune, prolungandosi poi a sud a comprendere lo sperone roccioso sede delle suggestive rovine di Castelvecchio. L'area protetta tutela un vasto territorio boscato, comprendente associazioni vegetazionali molto diverse tra loro, con macchia mediterranea nei punti più caldi e boschi ricchi di faggi e tassi a poche centinaia di metri di distanza, in corrispondenza dei due solchi vallivi.
I boschi della Riserva vanno ad interrompere le colline coltivate circostanti San Gimignano, dove già nel XII secolo la coltivazione del Crocus sativus, lo zafferano, era una delle principali fonti di ricchezza della cittadina, che esportava questa spezia anche in Francia e nei Paesi Bassi.

La Riserva si colloca sulla estremità settentrionale della Dorsale medio-toscana, che da qui si dirige verso sud-est tramite i rilievi della Montagnola senese, per poi terminare verso la pianura di Grosseto, dopo aver attraversato le Riserve Naturali Alto Merse e Farma.

 

Quasi tutta la superficie della Riserva Naturale è interessata dall'affioramento della Formazione anidritica di Burano. Le rocce che appartengono a questa formazione geologica si formarono negli stadi iniziali di apertura dell'Oceano Ligure-Piemontese (periodo Triassico), quando la crosta terrestre subì un graduale abbassamento e fu invasa dalle acque. Nelle depressioni si formarono estese lagune salmastre sottoposte ad una forte evaporazione, che innescava la periodica precipitazione di dolomite (un carbonato di calcio e magnesio), gesso e anidrite (solfato di calcio rispettivamente idrato e anidro). Solo in rari casi questi sedimenti evaporitici affiorano tali e quali ma, nella situazione più frequente, essi sono stati soggetti in superficie ad un processo di idratazione, dissoluzione e asporto dei solfati ad opera delle acque superficiali e sotterranee, che li hanno trasformati in una roccia completamente diversa, conosciuta come Calcare cavernoso. Nella Riserva la Formazione anidritica di Burano è rappresentata da questa roccia, che si presenta come un calcare grigio scuro a superficie tipicamente spugnosa, ricco di piccole cavità.

 

La Riserva, proprio per la presenza di questo esteso affioramento calcareo, è interessata da numerosi fenomeni carsici, il più importante dei quali è costituito dalla grossa dolina che si è formata sulla sommità pianeggiante di Poggio del Comune. Il Calcare cavernoso cede il posto ad altre litologie solo ai piedi di Poggio del Comune, dove sedimenti lacustri e marini vanno a formare le colline più dolci che contornano la Riserva, interessandola per una limitata estensione esclusivamente nella porzione sud-occidentale, con affioramenti di sabbie marine e brecce.

 

La vegetazione

 

La particolare morfologia e la natura calcarea di quasi tutta la superficie della Riserva hanno fortemente influenzato la vegetazione, rendendola molto eterogenea.

Accanto al querceto misto a cerro e roverella che ricopre gran parte della Riserva nelle pendenze più dolci, compare una bellissima macchia mediterranea sui più aspri crinali calcarei, fino ad arrivare ad un interessante bosco montano con faggi e tassi nelle strette valli del Botro della Libaia e del Botro delle Torri.

Nel fondo e nei versanti esposti a nord di queste gole, quasi perennemente in ombra, si hanno temperature molto minori rispetto a quelle della parte alta dei rilievi e dei versanti più soleggiati. Il microclima fresco e umido che si viene così a creare all'interno dei due solchi vallivi permette l'eccezionale sviluppo, a poco più di 300 m di quota, di una vegetazione tipicamente montana. Insieme al cerro crescono infatti il faggio, l'acero montano, l'acero opalo e il castagno.

Notevole è la presenza di numerosi esemplari di tasso, antica conifera protagonista delle foreste sempreverdi del Terziario, che alcuni milioni di anni fa ricoprivano l'Europa, e che dopo le glaciazioni sopravvive solo con rarissimi esemplari sparsi in ambienti particolari.

Il sottobosco è quello tipico delle foreste con buona umidità: vi fioriscono infatti la primula, l'epatica e la consolida tuberosa, mentre la pervinca, con i suoi fusti striscianti, colonizza ampie porzioni dei fondovalle, a terreno più profondo. Nel Botro delle Torri vive inoltre il maggiociondolo, un albero tipico dei boschi submontani.

 

Il crinale su cui sorgono le rovine del castello è caratterizzato da condizioni ecologiche diametralmente opposte a quelle dei due solchi vallivi sottostanti. La vegetazione predominante è quella mediterranea, dominata dal leccio, accanto al quale sono frequenti l'orniello, la roverella e il piccolo acero minore, tutte specie arboree adattate all'aridità del terreno calcareo, fortemente permeabile e quindi incapace di trattenere acqua in superficie.

Corbezzolo, fillirea e lentisco si inseriscono tra le specie arboree e tra di essi si distendono le liane, numerose in questo tipo di vegetazione. Fra queste c'è il caprifoglio mediterraneo, una liana sempreverde dalle foglie molto coriacee e dai fiori particolarmente appariscenti.

La salsapariglia, conosciuta dai toscani anche come strappaborse o stracciabrache, è un'altra liana frequente sia nella lecceta che nella macchia mediterranea. Alla vegetazione mediterranea delle zone più aperte della Riserva è associata la ginestrella, un piccolo arbusto sempreverde, piuttosto anonimo eccetto che a fine estate, quando maturano le bacche rosse.

All'inizio dell'inverno questa macchia, nei punti più assolati, offre la fitta fioritura rosa dell'erica multiflora, un arbusto sempreverde che colonizza le macchie su suolo calcareo delle coste mediterranee, molto rara nell'interno, e presente nella Riserva con un'insolita abbondanza.

 

Nei tratti meno acclivi della Riserva, soggetti a minore erosione, e nei punti meno disturbati dall'opera dell'uomo, si insedia il cerro, che forma boschi misti insieme ad altre specie decidue, come il carpino nero e la roverella, principalmente nella parte centro-settentrionale della Riserva.

Il carpino nero soppianta il cerro, divenendo la specie arborea più rappresentata, nelle pendenze più accentuate, dove il suolo si assottiglia e la rocciosità aumenta.

Anche i sorbi sono ben rappresentati, con le due specie tipiche della fascia collinare. Il sorbo domestico ha le foglie composte da 10-20 foglioline e produce frutti simili nel colore e nella forma a piccole pere, commestibili. Il ciavardello ha invece le foglie intere e caratteristicamente lobate, i frutti, che maturano all'inizio dell'autunno, sono piccoli pomi marroni tondeggianti, anch'essi commestibili.

Il sottobosco, dove il cerro è la specie arborea prevalente, è ricco delle specie tipicamente legate ai suoli più freschi e ombrosi: accanto ai ciclamini compaiono gli esili fusti della laureola e l'elleboro di Boccone, una ranuncolacea endemica dell'Italia centro-meridionale.

 

Il piccolo affioramento di sabbie e brecce nella parte meridionale della Riserva inserisce una ulteriore variante nella vegetazione, nella quale compaiono molte specie tipiche dei terreni acidi, inesistenti sul calcare. Il cerro è ancora l'albero più rappresentato, accompagnato dalla roverella, dal pioppo tremolo e dal carpino bianco; l'acidità del terreno è segnalata dalle numerose fronde della felce aquilina, dalla verga d'oro e da due ginestre che hanno la loro diffusione principale nell'Europa centrale, per cui in Toscana sono vicine al limite meridionale del loro areale. La ginestra spinosa è un piccolo cespuglio dotato di spine nei rami più vecchi, mentre la ginestra tubercolosa è priva di spine ed ha la pagina inferiore delle foglie, il baccello e parte del fiore ricoperti da una sottile peluria. Entrambe queste due ginestre occupano nella Riserva i boschi più aperti e le radure, solo sul substrato sabbioso.

Negli stessi ambienti aperti colonizzati dalle due ginestre, crescono " anche l'erica arborea, l'erica da scope e il brugo, che rifuggono i calcari circostanti, colonizzati invece, nella porzione meridionale della Riserva, dall'erica multiflora.

 

I punti in cui sorgevano gli antichi appezzamenti agricoli, (l'agricoltura oggi interessa solo le aree collinari esterne alla Riserva) oltre che per la presenza di poderi in rovina, si riconoscono per la presenza di fitti arbusteti, che si sostituiscono al bosco circostante; uno strano miscuglio di vegetazione, dove dominano invadenti cespugli di rovo e di rosa canina e arbusti di prugnolo e di biancospino, che avvolgono pochi e sparsi alberi da frutto, non più curati. In queste aree aperte, più soleggiate dei boschi circostanti, crescono specie che non trovano posto sotto la copertura arborea. Fra queste vi è la vescicaria, una leguminosa amante delle posizioni assolate al margine dei boschi, su terreno calcareo. Questo cespuglio (può arrivare in qualche caso a 5 m di altezza), piuttosto raro in provincia di Siena, in estate esibisce gruppi di fiori gialli, dai quali, nei mesi successivi, si origina un baccello rigonfio a forma di vescica, lungo diversi centimetri.

 

La fauna

 

Le specie animali più interessanti della Riserva sono legate al bosco, agli arbusteti e alle aree agricole circostanti, in cui si pratica anche il pascolo. Le pareti rocciose su cui sorgono le rovine di Castelvecchio costituiscono ad esempio un ambiente adatto per il rarissimo falco pellegrino, che frequenta la Riserva in inverno. La nidificazione di questo rapace nella Riserva non è stata tuttavia ancora accertata, anche se è ritenuta probabile.

La presenza di rocce calcaree affioranti è inoltre determinante per Solatopupa juliana, un mollusco gasteropode esclusivo degli affioramenti calcarei della Toscana, della Liguria orientale e dell'Alto Lazio.  Questo gasteropode, diffuso nella Riserva, è stato segnalato anche per le Riserve Naturali Cornate e Fosini e Alto Merse, oltre che per altre località della provincia caratterizzate dall'affioramento di rocce calcaree (Montagnola Senese, Monte Cetona).

 

Una coppia di bianconi ha scelto da diversi anni i boschi della Riserva, dove arriva regolarmente in primavera per la nidificazione. Le sorti di questo bellissimo rapace, il più grande del territorio senese, sono strettamente legate al trattamento colturale del bosco. Le grosse dimensioni del biancone richiedono infatti alberi piuttosto grandi per sostenere i nidi. I pascoli e le aree agricole circostanti la Riserva forniscono i serpenti di cui il biancone si nutre in maniera quasi esclusiva e sono territorio di caccia anche per rapaci meno specializzati dal punto di vista alimentare, come i numerosi gheppi e poiane.

Anche lo sparviere è un rapace che frequenta la Riserva, trovandosi a suo agio sotto la copertura forestale, dove sorprende piccoli passeriformi attaccandoli all'improvviso.  Come il biancone, anche lo sparviere necessita di alberi di discrete dimensioni per costruirvi il nido, il cui diametro si aggira sul mezzo metro.
Il bosco di leccio e la macchia mediterranea dell'estremità meridionale della Riserva sono gli ambienti preferiti dalla ghiandaia, un colorato corvide che rende nota la sua presenza gracchiando rumorosamente dalla chioma degli alberi, dove si sposta in cerca di semi e frutti, specialmente ghiande di diverse specie di querce. Solo in qualche caso la ghiandaia si avvicina alle coltivazioni umane, come invece fanno abitualmente la gazza e la cornacchia grigia, sue strette parenti. Questi ultimi due corvidi sono divenute le specie di uccelli più numerose nelle campagne, grazie alla versatile alimentazione, che va dalle granaglie nei campi ai rifiuti, e alla elevata adattabilità per quanto riguarda la scelta dei territori di nidificazione.

 

La grande estensione del bosco della Riserva favorisce la presenza di tre piccoli roditori della famiglia dei Gliridi, ghiro, moscardino e quercino, fortemente minacciati in tutta Europa dallo sfruttamento eccessivo dei boschi. Il ghiro e il quercino alloggiano in estate in nidi sferici costruiti fra i rami degli alberi, mentre il moscardino si mantiene a quote più basse, costruendo il suo nido, di forma simile, in cespugli di rovo, dove alleva anche i piccoli. Il quercino il "carnivoro" della famiglia, nutrendosi per la maggior parte di insetti, ma anche di uova di uccelli e a volte dei nidiacei, sfruttando le sue doti di arrampicatore. All'arrivo della stagione fredda tutti e tre traslocano in cavità del fusto o fra le radici degli alberi, dove si costruiscono nidi più caldi, in questi rifugi trascorreranno in letargo tutto l'inverno.

Altro roditore, frequente nei boschi della Riserva, è lo scoiattolo, che al contrario dei Gliridi non va in letargo. In autunno infatti lo scoiattolo approfitta della produzione di bacche e frutta secca offerti in quantità dal bosco, che raccoglie e accumula in riserve nelle cavità degli alberi e sottoterra.

 

Fra i mammiferi la volpe è una specie tipica dei territori boscati e delle zone rurali della provincia di Siena, ed è ampiamente diffusa nella Riserva e, in generale, in tutto il territorio senese, grazie alla sua plasticità sia alimentare che nella scelta dell'habitat. I territori arbustati e le zone aperte, oltre che alla volpe, forniscono molte risorse alimentari anche a caprioli, cinghiali e istrici, molto diffusi nella Riserva, che costituisce un ottimo rifugio durante il giorno, quando questi animali sono generalmente inattivi.

Gli ambienti agricoli tradizionali che bordano la Riserva sono molto importanti per la fauna, specialmente per quanto riguarda gli uccelli. Costituiscono infatti un importante terreno di caccia per i rapaci notturni, come il barbagianni, l'assiolo, l'allocco e la civetta, che trovano nei poderi abbandonati anche luoghi adatti alla nidificazione.

Notevole è la presenza di alcuni passeriformi in preoccupante diminuzione a causa delle trasformazioni del paesaggio subentrate con l'agricoltura intensiva, come il saltimpalo, il codirosso e l'averla piccola. La presenza di quest'ultima specie è testimoniata tra l'altro dalle sue "dispense", costituite da grossi coleotteri infilzati nelle spine degli arbusti e nel filo spinato presso i pascoli ai confini occidentali della Riserva.