Cornate e Fosini

 

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Il Territorio

 

La Riserva, situata tra Radicondoli e Montieri, nella parte orientale delle Colline Metallifere, comprende il rilievo calcareo delle Cornate, nei pressi del quale nasce il fiume Cecina. I confini dell'area protetta, situata a cavallo tra le province di Siena e Grosseto, abbracciano tutto il lungo e stretto crinale delle Cornate (1066 m) e il vicino Poggio Mutti (808 m).
La Riserva, oltre all'elevato valore paesaggistico, conserva praterie e garighe ricche di specie vegetali, residuo del pascolo che vi si praticava, nonché una interessante vegetazione rupicola. La presenza di pareti rocciose rende inoltre quest'area molto importante per la nidificazione di rapaci come il falco pellegrino e il lanario, rari in tutta Italia.

Le formazioni geologiche che affiorano nella Riserva, appartenenti alla cosiddetta Falda Toscana, ne condizionano in modo evidente la morfologia. Il massiccio delle Cornate e il rilievo cupoliforme di Poggio Mutti sono costituiti dalla Formazione del Calcare Massiccio e, con minore estensione e spessore, dalle formazioni del Rosso Ammonitico e dei Diaspri, che nell'insieme danno un aspetto particolarmente aspro al paesaggio, caratterizzato da forti pendenze e da numerose rupi a strapiombo. Nella parte bassa di Poggio Mutti e nelle colline adiacenti al Castello di Fosini affiorano invece formazioni geologiche più facilmente erodibili (Scaglia toscana e Macigno), che vanno a costituire morfologie più dolci.

 

La Formazione del Calcare massiccio è sede di notevoli fenomeni carsici, come testimoniano le cinque cavità sotterranee di Poggio Mutti. Questa formazione, durante il Lias inferiore (circa 210 milioni di anni fa), costituiva nell'Oceano Ligure-Piemontese, appena formatosi, una estesa piattaforma carbonatica, paragonabile a quelle esistenti in corrispondenza delle attuali barriere coralline. Le successive fasi di approfondimento dell'Oceano Ligure-Piemontese portarono, per distensione tettonica, alla frammentazione e allo smembramento di questa piattaforma. In questa fase sedimentò la Formazione del Calcare rosso ammonitico (Lias inf.-sup., 200 190 milioni di anni fa), una roccia stratificata dal caratteristico colore rosato, ricca di resti fossili di ammoniti.

Nella gran parte dei rilievi collinari situati tutt'intorno alle alture maggiori affiora la Formazione della Scaglia toscana in prevalenza costituita da argilloscisti rossi e verdi, frequentemente sfaldati in piccoli frammenti aciculari o scheggiosi.

Infine la Formazione del Macigno (Oligocene superiore-Miocene inferiore, 30-15 milioni di anni fa), un'arenaria sedimentata durante le ultime fasi di chiusura del l'Oceano Ligure-Piemontese, che si presenta tipicamente suddiviso in bancate gradate dello spessore di circa 10 metri, ciascuna delle quali è il prodotto di sedimentazione di correnti di torbida generate da frane sottomarine.

 

Come tutto il comprensorio delle Colline Metallifere, anche l'area della Riserva è stata sede di passate lavorazioni minerarie, attestate già nel periodo etrusco. Verso l'anno Mille il territorio di Gerfalco era una corte nota per le sue miniere d'argento coltivate dai sassoni, arrivati con le invasioni barbariche. Vi si estraeva l'argento, ricavandolo principalmente dalla galena argentifera (un solfuro di piombo contenente una certa percentuale del prezioso metallo), e dalla tetraedrite (un solfuro di antimonio, rame e argento), che qui sono miste a blenda (solfuro di zinco), calcopirite (solfuro di rame e ferro) e fluorite (fluoruro di calcio), in mineralizzazioni situate nelle pendici orientali di poggio Mutti, dove sono ancora visibili i resti delle passate lavorazioni, spesso sovrapposte alle cavità carsiche esistenti.

 

La vegetazione

 

L'attività umana, con il taglio del bosco e con il pascolo, che hanno interessato anche le ripide pendici delle Cornate e la forte erosione del suolo, aveva fortemente impoverito il terreno, rendendo lenta la ricrescita di alberi e arbusti. Il grave dissesto idrogeologico che ne conseguì spinse, a partire dagli anni '20 fino agli anni '60, a rimboschire queste pendici con conifere a rapido attecchimento (pino nero, abete greco e cedri). Il bosco naturale si è comunque lentamente ricostituito ed attualmente ricopre parte delle pendici delle Cornate e, in modo più continuo, i rilievi meno acclivi che ricadono in provincia di Siena.

Sulla cresta delle Cornate e sui versanti a maggiore pendenza il suolo è più lento a ricostituirsi e vi persiste una vegetazione prevalentemente erbacea, erede dei pascoli ottenuti tramite il disboscamento. Le specie dominanti nelle praterie della Riserva sono le graminacee, come l'erba mazzolina e la codolina meridionale, quest'ultima endemica dei pascoli aridi dell'Appennino.

In mezzo al fitto tappeto formato dalle graminacee sono moltissime le fioriture primaverili ed estive. Fra le più appariscenti e belle ci sono quelle della garofanina spaccasassi tipica dei prati aridi e sassosi, dai piccoli fiori rosa e, soprattutto i bellissimi cuscini di fiori gialli e violetto della viola etrusca, endemica dei rilievi della Toscana meridionale.

 

Nei primi mesi primaverili, nei punti più sassosi, dove le altre piante si fanno più rade, fioriscono molte specie di orchidee, particolarmente amanti dei suoli calcarei. La prateria a graminacee compare anche al di fuori degli affioramenti calcarei dove spariscono alcune specie per far posto a quelle caratteristiche dei suoli più acidi. Fra queste è compreso il paleo odoroso, una graminacea che è fra le piante responsabili del tipico odore di fieno tagliato. Altri aspetti interessantissimi della vegetazione della Riserva sono legati alla gariga. Il termine gariga viene usato per indicare le situazioni in cui la copertura vegetale è molto scarsa e il terreno rimane in gran parte scoperto. Le piante che vi vivono, molto rade tra loro, sono cespugli nani, che i botanici chiamano camefite, il cui basso sviluppo in altezza è strettamente collegato alla povertà del suolo. Il cespuglio più abbondante è l'elicriso, inconfondibile grazie alle sue odorose foglie argentate e lanuginose, e ai suoi piccoli capolini fiorali gialli. E' frequente anche l'alisso montano, che ha sviluppato sulle foglie la stessa lanugine che caratterizza l'elicriso, e la piccola e resistente felce Ceterach officinarum. A primavera inoltrata, sul bianco della roccia spiccano i fiori viola del garofano selvatico, quelli rosa del timo serpillo e quelli gialli della pilosella. In questi ambienti vive in esemplari sporadici il sorbo montano, un arbusto riconoscibile per le foglie che, nella pagina inferiore, appaiono argentate a causa di una fitta e spessa peluria; in autunno le foglie ingialliscono e contemporaneamente termina la maturazione dei frutti, piccoli pomi rosso acceso.

 

Nelle rupi calcaree e nei versanti più acclivi, ambienti ancora più difficili per le piante, sottoposte alla quasi totale mancanza di suolo, a forti escursioni termiche e all'aridità, vi crescono il semprevivo e l'erba pignola, due piante appartenenti alla famiglia delle Crassulacee, caratterizzate dalle foglie grasse in cui viene immagazzinata l'acqua. Negli accumuli di suolo fra le crepe delle rocce riesce a insediarsi la meleagride minore, una pianta dal curioso fiore rosa a scacchiera il cui unico ritrovamento in Toscana risale agli anni '20, dopodiché era stata ritenuta estinta.

Un'altra segnalazione notevole per la Riserva riguarda Hypericum coris, un basso cespuglio rinvenuto nel 1868 dal botanico Flaminio Tassi presso le rupi del Castello di Fosini, e di cui è stata recentemente confermata la presenza; si tratta di una specie tipica mente montana, che cresce nei rilievi dell'Europa sud-occidentale e che nel la Riserva trova il limite meridionale di distribuzione. I boschi della Riserva sono dominati dal cerro, con presenza di roverella, leccio e altre specie arboree. Sul rilievo delle Cornate e, in generale, sulle pendenze maggiori, è molto diffuso il carpino nero, che diviene dominante sulle pendici più acclivi, formando un interessante ostrieto, bosco tipico dei terreni sassosi calcarei. Insieme al carpino nero è molto abbondante l'acero minore.

 

Nel sottobosco, sulle esposizioni settentrionali, vegetano l'edera e la felce maschio, specie tipiche dei boschi freschi. Nei pressi del Castello di Fosini, il passaggio dal Calcare massiccio che forma la rupe, all'arenaria Macigno, è subito segnato dalla presenza di un castagneto. Fra gli alberi di castagno, che è la specie dominante, compaiono leccio, ciliegio, pero selvatico, corniolo e biancospino; nel sottobosco oltre alla felce aquilina, fedele compagna del castagno, crescono il geranio nodoso, importante e rara presenza botanica che trova in questo territorio il limite meridionale della sua distribuzione, e l'erba fragolina.

Lungo il torrente Rio Riponti e il torrente Pavone cresce una fitta vegetazione ripariale, costituita da carpino bianco, nocciolo, ontano nero e olmo campestre, con diverse specie di salici che si spingono fino all'interno dell'alveo di piena.
Ai lati di questi corsi d'acqua, nei punti in cui c'è un certo ristagno idrico, crescono i lunghi fusti cilindrici dei giunchi, qui presenti con diverse specie, il cui millenario utilizzo per ceste e lacci è testimoniato dal nome dato a queste piante, che deriva dal latino jungere, cioè legare. Qui compaiono anche la menta e il pepe d'acqua, una pianta dal bruciante sapore di pepe.

 

La fauna

 

Sono di notevole interesse gli animali presenti nella Riserva, sia invertebrati che vertebrati. Molte di essi sono legati agli ambienti rocciosi che caratterizzano l'area, ambienti non frequenti nella Toscana meridionale. La Riserva presenta ambienti particolarmente favorevoli ai rarissimi falco pellegrino e falco lanario: accanto a luoghi rocciosi adatti alla nidificazione sono infatti presenti vaste aree aperte, ricche di potenziali prede.

Il lanario è una specie che ha la sua massima distribuzione in Africa; in Italia è presente nelle regioni centro-meridionali, con la Toscana che segna il limite settentrionale dell'areale di questa specie; in Toscana si stimano 4-10 coppie, di cui un buon numero nelle province di Siena e Grosseto. L'Italia ha una grossa importanza nella conservazione del lanario a livello comunitario, dato che vi è concentrato il 70% dell'intera popolazione europea.

Anche il falco pellegrino, come il lanario, conta pochissime coppie nidificanti nella Toscana meridionale, mentre sono più numerosi gli individui osservabili in inverno, migrati dalle regioni più settentrionali o dai territori montani per trascorrervi la stagione fredda. Nella Riserva il falco pellegrino è presente come svernante ma non se ne esclude, data l'idoneità ambientale, la nidificazione.

 

Un altro rapace, comune in provincia di Siena, è il gheppio, la sua elevata adattabilità gli permette di utilizzare anche gli ambienti boscati, i preferiti da falco pecchiaiolo, biancone, poiana e sparviero, tutti presenti nella Riserva. In anni passati, nel comprensorio delle Cornate e in altri luoghi del senese, furono rinvenuti alcuni individui di gufo reale, un rapace notturno dalle notevoli dimensioni, paragonabili a quelle dell'aquila reale. Non si trattava comunque di esemplari stabilitisi nella zona, ma di giovani di passaggio, in cerca di un territorio. In Toscana è sempre stato poco comune ed oggi si può considerare estinto come nidificante. Nella Riserva e nel territorio senese in genere è invece presente il gufo comune, le cui dimensioni sono pari alla metà di quelle del gufo reale. Il gufo comune nidifica negli ambienti boscati, utilizzando vecchi nidi di corvidi, mentre di notte si sposta nelle aree aperte per cacciare principalmente piccoli roditori e insettivori.

 

Le praterie, le garighe e gli incolti arbustati della Riserva annoverano quattro specie di farfalle di rilevante interesse conservazionistico, tutte ritenute rare in Italia. La Riserva Naturale Cornate e Fosini, insieme ad una località in provincia di Pisa, è l'unico luogo della Toscana meridionale ad ospitare Thecla betulae, una rara farfalla fortemente diminuita in Italia in seguito all'introduzione delle pratiche agricole industriali e all'abbandono dell'attività pastorale. La scomparsa degli incolti, dei pascoli e delle colture tradizionali è alla base anche della rarefazione di Brenthis hecatc e di Maculinea arion. In particolare quest'ultima specie, legata alle praterie e alle garighe della Riserva, è divenuta poco comune anche negli altri Paesi dell'Unione Europea, mentre in Inghilterra si è addirittura estinta. Una nuova specie, la farfalla Heteropterus morpheus, si è aggiunta recentemente ai Lepidotteri conosciuti per la Toscana meridionale, con ritrovamenti alle Cornate, in Val di Farma e in Val di Merse, dove è principalmente legata alla vegetazione ripariale. La ricca vegetazione dei corsi d'acqua della Riserva, in particolare del torrente Rio Riponti e del torrente Pavone, ospita anche altre importanti specie di invertebrati. Il mollusco Oxychilus uziellii, una piccola chiocciola dal guscio appiattito e trasparente, è strettamente legato alla vegetazione ripariale, dove vive tra le foglie e il legno marcescenti, nutrendosi di altri molluschi. Lo stesso tipo di vegetazione ospita il raro coleottero Carabus alysidotus, un predatore notturno di insetti, anellidi e molluschi, rinvenuto lungo il torrente Pavone, in un tratto esterno alla Riserva. Questo coleottero è strettamente legato agli ambienti umidi ed è scomparso, insieme a questi preziosi habitat, in molte zone della penisola italiana.

 

Istrice, capriolo e cinghiale si aggiungono alla ricca fauna della Riserva, riparandosi nelle aree boscate durante il giorno e spostandosi nelle praterie alla sera e di notte per cibarsi. Le tracce di questi spostamenti sono ben evidenti soprattutto per quanto riguarda l'istrice e il cinghiale, i cui scavi per raggiungere bulbi e radici delle piante non risparmiano nemmeno le zone più rocciose.