La Razza Chianina in

cucina

 

La Razza Chianina

 

Deriva secondo alcuni dal Bos Primigenius (quello raffigurato nei graffiti delle caverne preistoriche), la Chianina risulta presente in Italia da oltre 2500 anni.

Il "bove" chianino era molto apprezzato già dagli Etruschi e dai Romani che per il suo candido manto lo usavano nei cortei trionfali e per i sacrifìci alle divinità, come troviamo descritto dai georgici e dai poeti latini e raffigurato in bronzetti e bassorilievi romani tra cui quello celebre dell'Arco di Tito nel Foro Imperiale.

Il suo nome deriva dalla Val di Chiana, area in cui da sempre e allevata. Oggi è presente in Toscana, Umbria, alto Lazio, ed in misura minore, anche in altre regioni.

La Chianina e riconoscibile (contraddistinta) dal manto bianco-porcellana, dalla pigmentazione nera del musello e della lingua, dalla testa leggera ed elegante con corna brevi, dal tronco lungo e cilindrico con dorso e lombi larghi e dagli arti pili lunghi che nelle altre razze: e. infatti, il bovino pili grande del mondo.

Nel secondo dopoguerra, grazie alla grande facilita di adattamento ad ambienti diversi, la Chianina è diventata una razza "cosmopolita", varcando i confini nazionali per raggiungere l'Asia, la Cina, la Russia. l'Australia e le due Americhe.

Utilizzata un tempo soprattutto per il lavoro nelle campagne, la Chianina e considerata oggi uno dei più pregiati produttori di carne al mondo. Tra le razze bovine tutelate dal Consorzio la Chianina è forse quella che gode oggi di un'immagine pili nobile ed affermata, grazie anche alla fama che si e saputa conquistare con il mito gastronomico della "fiorentina".

   
     
     
 

 

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Cenni storico-geografici della Valdichiana.

--Tratto da: La Razza Bovina di Val di Chiana-- di M. Piccinini - C Gugnoni - a cura di Mario Morellini

 

Se la conoscenza storico-geografica dell'ambiente ove una razza d'animali vive e dove à avuto origine è necessaria per la conoscenza esatta della razza medesima, indispensabile ci è il conoscere geograficamente e storicamente la Valdichiana, poiché poche razze di animali anno le proprie vicende, il proprio cammino tanto intimamente connesso con le vicende della terra loro culla di origine, come quella bovina di Valdichiana le à con la valle che ne fu la culla e che ne è attualmente il centro di diffusione. È perciò che nel nostro assunto, non possiamo esimerci dal descrivere sommariamente le vicende storiche, le condizioni geografiche, le mutazioni idrologiche dell'ambiente ove la razza è nata, ove tuttora vive.

 

Il Fossombroni scriveva: «La pianura di Valdichiana è un tratto di campagna serrato fra due catene di montuosità le quali si distendono pressoché parallelamente al Mediterraneo avendo all'australe estremità il fiume Paglia, e l'Arno alla boreale, la sua lunghezza è circa sessanta miglia......
Attualmente col nome di Valdichiana si chiama soltanto una parte della vallata dal Fossombroni descritta; limitata a Nord dalla Goletta di Chiani ed a Sud da Città della Pieve e Chiusi; designandosi col nome di Chianetta Romana il rimanente australe e con quelli di Pian d'Arezzo e Pian di Quarata la parte boreale, dalla stretta di Chiani all'Arno.

Così limitata viene a comprendere tutto il bacino orografico della Chiana eccezion fatta della parte prossima alla sua confluenza con l'Arno e cioè le valli del Vingone e del Castro; l'alto bacino della Chiana è nettamente separato dal basso dal Monte Lagnano e dalle colline di Quarto, Santa Fiora e Chiani, presso cui esiste la così detta Goletta di Chiani che permette il passo alle acque del Canale.
La Valdichiana comincia adunque all'Argine di Separazione, rialzo artificiale di terra (alto m. 1,60 circa, largo m. 2,20) che divide le acque defluenti all'Arno da quelle defluenti al Tevere, situato poco al Nord della stazione ferroviaria di Chiusi ed appoggiato alle ultime pendici delle colline di Chiusi e Città della Pieve.


Poco a Nord dell'argine trovasi il lago di Chiusi, nel quale si gettano il torrente Presa ed il fosso di Montelungo; dall'estremo nord di questo lago si parte un canale arginato, chiamato Passo alla Querce, che si scarica nel lago di Montepulciano, più piccolo del precedente, ed in continua diminuzione di estensione per le colmate che vi effettuano i torrenti Parco e Salchetto a questo scopo immessivi.

Da questo secondo lago si origina il Canale Maestro della Chiana che, in tronchi rettilinei e bene arginati, percorre la valle in tutta la sua lunghezza. Affluiscono alla Chiana, o direttamente o per mezzo dei così detti allacciami scavati alla destra ed alla sinistra del Canale allo scopo di evitarne i possibili interramenti, i torrenti Salarco, Foenna ingrossato dal Galegno, Esse di Marciano ingrossato dal Leprone, ed il Lota alla, sinistra; Chianacce, Esse di Cortona ingrossato dalla Mucchia, con le acque della Caprara, Fosso di Montecchio che reca le acque del Lega, del Citone, del Vingone e Loreto, Cozzano a destra; e dopo la Goletta di Chiani, il Vingone ed il Castro.

 

L'aspetto generale della Valdichiana è quello di una vasta pianura orizzontale, limitata da colline ubertosissime eccezion fatta da Cortona ai pressi di Arezzo nel qual tratto è limitata da monti aspri e brulli. Essa si estende nei territori dei comuni di Arezzo, Castiglion Fiorentino, Civitella della Chiana, Cortona, Foiano, Lucignano, Marciano e Monte S. Savino della provincia di Arezzo; in quelli di Abbadia, Bettolle, Cetona, Chianciano, Chiusi, Montepulciano, Sarteano e Torrita e della provincia di Siena; in quello di Castiglion del Lago, Città della Pieve della provincia di Perugia,
La lunghezza della valle è di circa km. 57, la larghezza di km. 20 circa.
Una fìtta rete di ottime strade provinciali, comunali e vicinali rende ottima la viabilità nella valle, facili le comunicazioni fra paesi e villaggi.

Due strade ferrate la percorrono, non centralmente però, l'una è la linea Empoli-Siena-Chiusi che passa in Valdichiana per le stazioni di Lucignano, Sinalunga, Torrita, Montepulciano, Chianciano; l'altra la linea Firenze-Roma, che passa per le stazioni di Frassineto, Castiglion Fiorentino, Cortona e Chiusi.

 

Nella descrizione geologica della Valdichiana, bisogna esaminare due parti ben distinte: quella dei monti e quella dei collie pianura. Nella prima zona appaiono scoperte le roccie d'emersione antica, precedenti il pliocene e forse anche il miocene; nei monti che limitano a destra la valle predominano gli strati d'arenaria schistosa unita a schisto marnoso ed a poco alberese; quelli di sinistra sono costituiti principalmente da varie modificazioni dell'arenaria macigno. Il detrito di queste roccie forma il terreno vegetabile e quello di alluvione delle piccole valli inferiori, colline e piaggie.

Il terreno alluvionale della zona di pianura rimonta in parte all'epoca antidiluviana, come attestano le crete tufacee ricche di conchiglie. Il terreno alluvionale è però in gran parte coperto da uno spesso strato di terreno di colmazione dovuto alle numerose bonifiche idrauliche.

 

La configurazione della valle non fu sempre l'attuale, essa anzi ci offre un esempi provato con dati storici indiscutibili, di un ramo di un sistema fluviale che, per cause naturali ed artificiali, cessa di tributare al suo antico fiume, Tevere, per rivolgersi ad un altro, Arno.
I golfi, Etrusco e Latino, del mare pliocenico, pur addentrandosi dove ora sono basse valli dell'Arno e del Tevere non occupavano il bacino di Firenze nè quelli di Arezzo e Valdarno che dovevano essere vaste conche lacustri.

Il lago di Valdarno doveva tributare, per un emissario lungo la valle d'Ambra, col mare.
Per il grande sollevamento pliocenico e quaternario, sollevamento più forte, nel zona tirrenica, nel Preappennino che nell'Appennino, le acque dovettero raccogliersi contro quest'ultimo.

Tutto l'attuale Pian d'Arezzo e Valdichiana dovette essere un vasto Iago estendendosi fino al bacino dell'attuale Trasimeno dapprima, poi da questo separato. Il lago del Valdarno dovè cessare di tributare le sue acque al mare per la Val d'Ambra, ma le dovè mandare unite a quelle del Casentino verso Arezzo. Poscia per l'approfondimento delle gole della Gonfolina ed Incisa, non stiamo ora ad indagare se avvenuto esclusivamente per l'erosione delle acque o se coadiuvato da colossale e magistrale opera umana, le due conche lacustri di Firenze e Valdarno si congiunsero, il letto fluviale si approfondì, le acque del Casentino furono ad esso richiamate e si ebbe il

 

"...fiumicel, che nasce in Falterona,

E cento miglia di corso nol sazia"

 

Il lago di Arezzo e Valdichiana, per non ricever più le acque del Casentino, andava restringendo la sua conca sin che nel periodo storico troviamo la Valdichiana non più lago o palude, ma campagna emersa, attraversata dal fiume Clanis che aveva origine presso Arezzo e mandava le sue acque al Tevere.

 

Non possiamo qui discutere se già nel periodo Terziario l'uomo abitasse la Valdichiana o se, come i più vogliono, soltanto nel Diluvium

 

"...il nobil selvaggio errava rozzo nelle fitte foreste."

 

nè se prima dell'uomo, uomo, siano vissuti nella valle tributaria del Tevere e dell'Arno animali antropoidi.

Ciò esorbita troppo dal nostro compito, nè tali indagini potrebbero portare luce alcuna sull'origini della razza bovina, oggetto del nostro studio.

Per quanto nelle vicinanze di Brolio, nello scavare il letto della Chiana, si siano trovate delle palafitte, che, secondo il Gamurrini, reggevano un tempio etrusco emergente dalle acque, è pur certo che i primi abitatori della Italia centrale non son vissuti in abitazioni palustri, in vere e proprie palafitte. E la mancanza di queste abitazioni è di grave ostacolo alla conoscenza connessa della preistoria della nostra Italia.

Là dove i popoli primitivi vivevano in villaggi costruiti su palafitte, si à una pagina eloquente di preistoria, che squarcia le tenebre che regnano ancora invulnerate o quasi là dove ben pochi o punti si son trovati gli avanzi delle abitazioni primitive.

Dove le palafitte furono è possibile avere indizi certi, traccie meravigliosamente ordinate dei progressi della civiltà; è possibile seguire le conquiste dell' uomo fatte fin dal primo periodo del neolitico, quando non aveva, coadiuvatori nella lotta per l'esistenza, che strumenti di pietra, fino alla piena età del ferro.

I resti delle palafitte ci dicono della più grande conquista dell' uomo, la domesticazione degli animali, ci dicono quali furono le prime specie asservite, quali ne erano le caratteristiche. Dove le palafitte mancano tutto tace, nessun indizio può guidare in queste importantissime ricerche.

 

Ben poco sappiamo dei Tirreni, degli Umbri, dei Tusci, degli Oschi che si vuole essere stati i primi abitatori delle nostre terre; poco o nulla conosciamo della loro civiltà, delle loro origini ; dobbiamo però fermamente ritenere che dall'Asia emigrarono i nostri padri e che quindi ben a ragione Seneca diceva: che dall'Asia a sè rivendica i toscani : Tuscos Asia sibi vindicat.
Meno fitte ed impenetrabili si fanno le tenebre nell' ultima epoca Etrusca, poiché qualcosa ne ànno scritto i Romani ed eloquentemente ne parla  l'archeologia.
Non sappiamo l'origine degli etruschi, nè se derivarono da una sola o dalla fusione di più razze; ma sappiamo che più di trenta secoli fa si formò nella media Italia questo nuovo popolo; popolo operoso, civile, fiorente, cultore dell' agricoltura, della pastorizia, dell' arti belle.