Panforte Ricciarelli Cavallucci Ciambellini    
     
 

Il Panforte tra storia e leggenda.

Mi sembra doveroso, da buon senese del sud, raccontare qualcosa sul Panforte di Siena.

Il Panforte, ancor prima che un dolcissimo protagonista delle feste, è un simbolo di una città, della sua vocazione alla ricchezza e del suo popolo. Siena.

Il panforte a Siena non era e non è mai stato propriamente un dolce delle feste natalizie, lo è diventato nel periodo più recente a causa della commercializzazione e del marketing, soprattutto a partire dal mese di novembre. Oggi si lega alle feste come gran parte dei dolci speziati della tradizione senese ma posso assicurare che a Siena è presente tutto l’anno. Così come lo era nel medioevo anche se riservato ai banchetti ed alle cariche più importanti.

 

Il Righi Parenti, forse il maggiore esperto di gastronomia tipica toscana, in un suo libro "Dolci di Siena e della Toscana" racconta di una origine leggendaria del Panforte di Siena. Nella sua versione si parla del miracolo di un pane trasformato in Panforte proprio la notte di Natale.

La storia del panforte, però, comincia intorno all’anno Mille, quando a Siena arrivò una spezia nobile e prestigiosa: il pepe. E nacque il Panpepato, il babbo, dicono a Siena, del Panforte come lo conosciamo oggi.

La prima testimonianza scritta si trova in un documento del 1205 custodito nel convento di Montecelso, alle porte di Siena. Nel testo si legge che i contadini avevano l’obbligo di pagare alle suore una tassa che consisteva in una grande quantità di “panes piperatos et melatos”, cioè “pani insaporiti di pepe e miele”.

L’antenato del Panforte si chiamava infatti Panpepato, che a sua volta discendeva dal più antico dolce senese, il “pan mielato”: farina, acqua e miele, con aggiunta di frutta, che in estate fece ammuffire il dolce, facendolo diventare acido, quindi “Fortis”. La traduzione letteraria del panforte sarebbe quindi “Pane acido”.

 

Il Panpepato era un dolce destinato esclusivamente ai nobili, ai ricchi ed al clero soprattutto per la presenza del pepe, spezia rarissima e costosa, importata dall’Oriente.
Si riteneva che avesse proprietà afrodisiache ed era talmente pregiata che veniva accettata come merce di scambio e in alcuni casi usata al posto delle monete. La preparazione del Panpepato era demandata all’Arte dei Medici e Speziali di Siena e quindi veniva effettuata solo nei conventi e nelle spezierie. Le spezie infatti erano impiegate per la preparazione dei medicinali e con le eccedenze si faceva il panforte che, in alcuni casi, veniva prescritto come curativo. La vendita del prodotto finito era affidata a locande, taverne e botteghe di commestibili, concentrate per lo più in Via del Porrione, parola che deriva da “Emporio”.

Fu con l’inizio del periodo d’oro del commercio senese che la ricetta s’arricchì di altre raffinatissime spezie venute dall’Oriente: lo zucchero, i chiodi di garofano, la noce moscata, la cannella di Ceylon, il cardamomo (detto anche pimento), tutte considerate “medicinali” ed “afrodisiache”, che andarono a conferire al dolce un sapore caratteristico. Ironia della sorte…”forte” come erroneamente ne traduciamo il nome.

 

In origine il Panforte di Siena non era affatto bianco di zucchero come lo conosciamo oggi, bensì nero. Nero di spezie e di pimento. Si “sbiancò” all’epoca della visita della regina Margherita, facendo venire in mente allo speziale Parenti, la versione degna di una sovrana che tutt’oggi porta il suo nome.

Nacque così il “Panforte Margherita”. Fu impiegato lo zucchero raffinato, canditi dal sapore più elegante come il limone (poi rimpiazzato dal cedro), un minor numero di spezie ed una delicata e gradevole copertura di zucchero a velo.

Alla frutta fresca appassita, che aveva dato al primo Panforte l’appellativo di “acido”, si sostituì quella candita, che solo l’impiego del costoso zucchero raffinato poteva consentire.

 

La candidatura era un procedimento lungo e laborioso. S’impiegavano arance, cedri e soprattutto i meloni della vicina piana di Rosia, mescolati con zucchero, miele, farina e spezie.
Prima la frutta si faceva bollire ripetutamente con uno sciroppo di zucchero e miele, continuamente prelevato e riaggiunto al pentolone. Era questa la “concia“, che permetteva di ottenere frutta fermentata per l’abbassamento in osmosi del tenore zuccherino dello sciroppo. Oggi tecnologie e macchinari moderni hanno completamente cambiato il procedimento, mantenendo intatti alcuni passaggi fondamentali come l’utilizzo dello sciroppo di concia, del fuoco diretto e della frutta fresca da candire, i cui risultati sono migliori rispetto all’impiego di canditi già pronti.

 

Oggi sono ammesse alla IGP due versioni di Panforte di Siena: quella nera con l’impiego del 35-40% di canditi di melone, l’aggiunta del pepe e senza zucchero a velo né miele e quella bianca che prevede la stessa percentuale di canditi di cedro ed arancia, una maggiore quantità di farina, miele e zucchero a velo a copertura.

Disciplinare di produzione.