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Accanto al frusciare del cereale, tra le onde del vento sull'avena,
l'ulivo
dal volume argentato, stirpe austera, nel suo ritorto cuore terrestre:
le gracili ulive lucidate dalle dita che fecero la colomba e la chiocciola marina:
verdi, innumerevoli, purissimi picciuoli della natura, e lì negli assolati uliveti, dove soltanto cielo azzurro con cicale e terra dura
esistono, lì
il prodigio, la capsula perfetta dell'uliva che riempie il fogliame con le sue costellazioni:
più tardi i recipienti, il miracolo,
l'olio.

[...]

Ode all'olio (Pablo Neruda)

 

 

 

 

 

 

Quando si parla della vite e del grano si mette in evidenza la loro 'preziosità' di piante che, dagli albori della civiltà, sono state fonte di vita e simbolo di continuità della vita stessa, specie nell'area mediterranea. Si è anche notato che il prodotto di queste piante è entrato nelle liturgie e nelle tradizioni più o meno magiche di molti popoli. A queste due va aggiunta una terza pianta, l'ulivo.

Anche il suo prodotto, l'olio, ha avuto lo stesso destino del vino e del pane: da un lato l'utilizzazione nell'alimentazione, dall'altro simbolo rituale già dai primordi della sua utilizzazione.

E pure la pianta, con le foglie verdi scure nella pagina superiore e bianco argentee o grigie in quella inferiore, è diventata un simbolo:

il simbolo della pace.

 

Le origini dell'olivastro
Vediamo chi è questo ulivo, da dove viene e dove vive.
Innanzitutto bisogna fare una differenza: c'è l'ulivo coltivato (Olea europaea) e quello selvatico (varietà sylvestris o oleaster), l'olivastro dal quale per selezione l'uomo ha ottenuto, appunto, la forma coltivata. Di questo ulivo coltivato si conoscono attualmente moltissime varietà, ciascuna delle quali adatta a un certo uso ben determinato: diverso tipo di conservazione, diverso tipo di olio. È probabile che in questo divenire di forme che l'uomo ha sempre rinnovato alla ricerca di qualche cosa di più personale e finalizzato alle sue esigenze o gusti, si siano perse innumerevoli varietà (cultivar) soppiantate da altre nuove.

Oggi un uliveto, anche abbastanza vecchio d'impianto, è normalmente omogeneo, ma se esaminiamo uliveti secolari (talora plurisecolari), in uno stesso filare le olive possono essere, sui vari alberi, diverse le une dalle altre.

Ritorniamo però all'olivastro, cioè alle origini.

Si ritiene che l'ulivo selvatico o semiselvatico fosse già conosciuto dall'uomo dell'età della pietra che viveva nelle caverne della Galilea. Certamente l'olio ottenuto non poteva essere di gran pregio, ma già soddisfaceva le semplici esigenze di quelle genti primitive.

Ma nelle altre parti del Mediterraneo?

Alcuni studiosi ritengono che l'ulivo selvatico sia autoctono in tutta l'area mediterranea, cioè spontaneo; altri lo ritengono importato dai popoli, soprattutto navigatori, durante le loro peregrinazioni. Ad esempio si ritiene che in Sardegna l'ulivo sia comparso nel quarto millennio prima di Cristo, quando nei tophet (i santuari all'aperto dove si facevano sacrifici di fanciulli) della città di Tharros (Oristano) tracce di ulivo soppiantano quelle di lentisco, dai cui frutti veniva estratto un olio.

Comunque sia, l'ulivo selvatico si ritrova attualmente nelle boscaglie e nelle macchie degradate di tutta l'area mediterranea, della quale viene considerato elemento indicatore.

Certamente non possiamo essere sicuri si tratti realmente di olivastro spontaneo al cento per cento o di portainnesti inselvatichiti, di resti di antiche o antichissime colture: sta di fatto che negli ultimi millenni la situazione è questa e, come abbiamo dato diritto di cittadinanza a molte altre piante nella vegetazione naturale, giunte da noi molto più recentemente, non c'è ragione di negarla proprio all'ulivo.

 

L'ulivo coltivato e la sua espansione

Un bel giorno, però qualche preistorico raccoglitore scoperse un albero che produceva olive più grosse, più carnose e, secondo la regola eterna del raggiungere il massimo risultato con il minimo sforzo, capì che bisognava aumentare il numero degli alberi con quelle caratteristiche migliori. Ebbe così inizio la selezione che portò alla identificazione dell'ulivo 'coltivato'.

Secolo dopo secolo, millennio dopo millennio, l'uomo selezionò varietà a diversa produzione e anche a diversa adattabilità, capaci di vivere e produrre in zone dalle più diverse caratteristiche ecologiche.

Da Israele e dalla Siria l'ulivo coltivato si diffuse in Egitto tra il 3000 e il 1800 a. C; dall'Egitto venne portato in Grecia, di qui nella Magna Grecia, cioè l'Italia, e quindi nelle altre zone del Mediterraneo centroccidentale.

Conseguente a questa diffusione della varie coltivata, si nota un ampliamento dell'area occupata dalla specie. Infatti, mentre la varietà spontanea come si è già detto è stenomediterranea, le coltivazioni si spingono oltre, anche in ambienti submediterranei con caratteristiche climatiche meno favorevoli, in senso stretto, ma comunque con inverni non eccessivamente freddi.

 

 

 

Olio extravergine di oliva Terre di Siena DOP

La coltivazione dell'ulivo nel territorio senese risale a moltissimo tempo fa.

La pianta dell'ulivo è presente nelle opere d'arte e nelle pitture del tardo Medioevo, periodo in cui, anche scrittori documentano la presenza di questa pianta fra le colline senesi.
L'importanza della coltivazione dell'ulivo nel territorio di Siena è testimoniata anche da uomini di cultura come il Repetti che, nel 1835, fu incaricato dal Granduca di Toscana di fornire notizie storico-economiche sul Granducato, sottolineando quanto fosse importante l'attività olivicola nei territori dei Comuni senesi, sia per quanto riguardava l'economia contadina sia per la tradizione.
L'olio Terre di Siena è prodotto con olive provenienti da almeno due delle seguenti varietà, presenti singolarmente per almeno il 10% e congiuntamente in misura non inferiore all'85%: Frantoio, Correggiolo, Moraiolo e Leccino. Possono concorrere altre varietà ma in misura non superiore al 15%.

Quest'olio ha un colore dal verde al giallo con variazioni cromatiche nel tempo, un odore fruttato e un sapore che presenta note di amaro e piccante. L'acidità massima consentita è pari allo 0,5%.

L'olio extravergine di oliva Terre di Siena deve essere prodotto esclusivamente con olive sane colte direttamente dalla pianta entro il 31 dicembre, eventualmente conservate in appositi locali freschi e ventilati per non più di tre giorni dalla raccolta e trasformate entro le ventiquattro ore dal conferimento nei frantoi.

In cucina, a crudo, è ottimo per condire insalate e minestre tipiche della regione a base di legumi (minestra di fagioli), sulla ribollita, sulla tradizionale panzanella, nel pinzimonio o sulla bruschetta; a cotto è indicato per la realizzazione di arrosti, umidi, ed anche per friggere.