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Definita da John Ruskin "la chiesa più straordinaria che avesse mai veduto in Italia", la Cattedrale di Siena, dedicata a Santa Maria Assunta, si innesta sul luogo dove in epoca altomedievale sorgeva il castello-dimora del Vescovo, uno degli insediamenti più antichi della città.

Per tradizione, la consacrazione della basilica è fatta risalire al 1179, ma i lavori di costruzione proseguono lungo il XIII secolo, durante il quale è decisa la collocazione della facciata e sono compiuti la cupola (1263) e il campanile (1264).

Il Duomo è a tre navate, a croce latina, dotato di una cupola esagonale coperta da lastre di piombo, e rivestito all'esterno da un paramento marmoreo a fasce bianche e nere, con chiaro riferimento alla balzana, lo stemma senese, simbolo della città e del potere civile.

Fin dal 1258 sono incaricati dell'amministrazione della fabbrica i monaci dell'abbazia di San Galgano, mentre, per quanto riguarda la direzione progettuale, si ipotizza in una prima fase l'intervento di Nicola Pisano, autore del pergamo nell'interno, laddove è certa la nomina del figlio Giovanni come capomastro negli anni tra il 1284 e il 1296. Proprio a Giovanni Pisano si deve la realizzazione della parte inferiore della fronte, aperta da tre portali strombati coronati da timpani gotici e caratterizzati da una raffinatissima decorazione classicheggiante a girali; il portale centrale è arricchito nell'architrave da un bassorilievo scolpito dal suo allievo Tino di Camaino raffigurante la Storia di san Gioacchino e sant'Anna.

Al grande scultore pisano e alla sua cerchia appartengono anche le numerose statue, inserite perfettamente nel tessuto architettonico, di Profeti, Sibille, Santi e Animali allegorici, oggi sostituite da copie e conservate nel Museo dell'Opera del Duomo. La parte superiore della facciata, rimasta incompiuta dalla partenza di Giovanni nel 1297, è completata a partire dal 1377 da Giovanni di Cecco, che adotta una soluzione tricuspidata, derivata probabilmente dal prospetto del Duomo di Orvieto e caratterizzata da una ricchezza decorativa in linea con le forme del Gotico fiorito. I mosaici inseriti nei timpani sono opere ottocentesche della scuola puristica senese.

L'ampio interno della Cattedrale si articola su due piani, suddivisi da un cornicione marcapiano sotto al quale si snoda una sequenza di busti papali, di epoca tardoquattrocentesca. Le arcate delle tre navate, sostenute da possenti pilastri compositi, sono a tutto sesto, e la copertura è formata da volte a crociera, intonacate di azzurro e decorate con stelle in stucco dorato. Come all'esterno, il paramento interno è a fasce marmoree bianche e nere, che esaltano gli effetti di luce e conferiscono movimento a tutto l'insieme architettonico.

L'altare maggiore in marmo, al centro del presbiterio, è opera cinquecentesca di Baldassarre Peruzzi; sopra di esso si innesta il ciborio bronzeo eseguito dal Vecchietta tra 1467 e 1472 per lo Spedale di Santa Maria della Scala, traslato in Duomo a seguito della rimozione dall'altare della Maestà di Duccio, non più conforme al gusto del tempo e ora conservata nel Museo dell'Opera.

Arricchiscono l'altare quattro Angeli reggicandelabro in bronzo, eseguiti da Giovanni di Stefano e Francesco di Giorgio Martini. Altro elemento di enorme im-portanza è la vetrata che illumina l'abside, una delle più antiche vetrate italiane, attribuita alla mano di Duccio di Buoninsegna, recentemente restaurata e collocata anch'essa al Museo dell'Opera. La ricchezza di opere d'arte, appartenenti alle più diverse epoche e stili, fanno della Cattedrale senese un vero e proprio museo, dove è possibile ammirare moltissimi capolavori inseriti nel contesto per cui sono stati concepiti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Pavimento

Il pavimento del Duomo costituisce uno dei più celebri cicli decorativi della città e un esempio unico nella storia della pavimentazione lapidea; la sua esecuzione comincia verso gli anni Settanta del XIV secolo, continuando fino a Cinquecento inoltrato. È composto da più di cinquanta commessi marmorei istoriati, eseguiti con la tecnica del graffito e della tarsia; i quindici riquadri del corpo centrale, fortemente danneggiati, sono stati quasi completamente rifatti nella seconda metà dell'Ottocento.

I disegni del ciclo sono affidati ai più illustri artisti senesi del periodo, che vi raffigurano simboli araldici, rappresentazioni allegoriche, personaggi ed episodi biblici.

Tra gli artisti che vi sono impegnati si ricordano Pinturicchio, l'unico non senese, con la rappresentazione della Fortuna e il Colie della Virtù, nella navata centrale, Benvenuto di Giovanni, Matteo di Giovanni, Francesco di Giorgio, Antonio Federighi, Neroccio di Bartolomeo, Domenico di Bartolo, nel transetto sinistro, Domenico Beccafumi e il suo allievo Giovan Battista Sozzini, sotto la cupola.

Una delle più celebri storie di questo notevole complesso è la Strage degli Innocenti (1482) di Matteo di Giovanni, pittore formatosi nell'orbita del Vecchietta e Domenico di Bartolo, che concepisce una composizione di grande movimento e drammaticità, nonostante i limiti imposti dalla tecnica a tarsia, che ricorda le altre opere sullo stesso tema dipinte dall'artista, conservate nella Sala del Mappamondo del Palazzo Pubblico e nella chiesa di Santa Maria dei Servi.