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Nel 1341 Bindo di Falcone, signore senese, acquistava terre e beni nel "comunello" di Pontignano e li donava ad un certosino di Aquitania, frate Amerigo, per fabbricare un monastero da intitolare a San Pietro.
Bindo di Falcone che già aveva seguito i lavori di Maggiano, quale esecutore testamentale del cugino Cardinale otteneva l'8 agosto del 1343 dal Vescovo l'autorizzazione ad innalzare la Certosa che prevedeva la realizzazione di una chiesa oltre ai chiostri, alle celle e agli edifici di servizio ove potessero trovarvi dimora dodici padri, tre conversi, e i servi".
Nonostante l'affascinante progetto i certosini erano restii ad andare a vivere a Pontignano: Messer Bindo decise allora di pagare a Papa Clemente VI una ricca indulgenza a favore dei dieci monaci che andarono a vivere e a morire nella nuova Certosa.
Pontignano è l'unica Certosa che mantiene aspetto e tono originario da oasi di pace.

Il modulo costruttivo ricalca quello tradizionale dei monasteri certosini con la suddivisione in tre parti: l'area destinata ai monaci contenente celle e articolata intorno al grande chiostro; quella adibita all'alloggiamento dei conversi e infine lo spazio riservato alla chiesa, al capitolo e al refettorio attorno al chiostro piccolo vero e proprio cuore del complesso. La chiesa primo edificio ad essere costruito, mantiene alcuni caratteri del XIV secolo, come lo spessore dei muri perimetrali e le arcature.

Sorta in aperta campagna e al confine tra gli stati di Siena e di Firenze la Certosa aveva bisogno di delimitare i propri confini e di essere difesa dalle scorribande dei mercenari. Nel 1385 lo stato di Siena, riconoscendo l'importanza dell'insediamento faceva costruire una robusta cinta muraria. E sempre a partire da quell'anno fu nominato priore di Pontignano Stefano Maconi, discepolo prediletto di Santa Caterina , e fu probabilmente lui ad ottenere per il convento la reliquia dell'anulare della Santa, per il quale fu costruita la cappella, affrescata più tardi dal Nasini. La certosa godeva anche dalla protezione di Gian Galeazzo Visconti per i meriti acquisiti da un monaco di Pontignano che diresse buona parte dei lavori di costruzione della Certosa di Pavia.

Nonostante le difese del pieno della guerra tra Siena e Firenze la certosa fu violata e saccheggiata. Nel 1449 una banda di fiorentini vi penetrò e al tempo della Congiura dei Pazzi venne incendiata. Subito ricostruita dovette immediatamente dopo subire nuovi danni: nel 1554 infatti milizie tedesche e spagnole misero a sacco il monastero.

Nel corso della seconda metà del XV secolo, apporti rinascimentali dettero notevole impulso alla costruzione. Questi interventi sono visibili principalmente nel chiostro che si sviluppa nel lato lungo della chiesa, la cui pianta quadrata, con cinque campate per lato e volte a vela sorrette da colonnette con capitelli ionici mostra chiari caratteri di equilibrio e sobrietà. Altri interventi di modesta entità si ebbero alla fine del '600, allorchè furono ristrutturati i locali posti lungo il lato est del monastero: le sei Cappelle precedentemente costruite furono unificate nel cosiddetto Cappellone. Infine nel 1703, venne edificata la Cappella di Sant'Agnese, la cui porta di ingresso è situata all'estremità del braccio est del chiostro grande.

I Certosini che avevano abitato con cura Pontignano e che ne avevano fatto un'oasi di pace lasciarono la Certosa verso la fine del '700. Con rescritto del 16 luglio 1785 Pontignano fu concesso ai camaldolesi, che dovettero abbandonarlo a seguito delle soppressioni napoleoniche. A Pontignano fu allora trasferita la parrocchia di San Martino a Cellole; le fabbriche, ad eccezione di quelle destinate all'alloggio del curato, furono acquisite, insieme all'antica clausura e ad alcuni poderi, della famiglia Masotti, che nel 1886 le vendette ai Cecchini, dai quali passarono nel 1919 ai Sergardi e da questi, nel 1939, alla società Certosa di Pontignano.
Durante tutto il periodo bellico Pontignano fu il rifugio sicuro per ebrei e perseguitati politici. Nel 1959 il complesso fu acquistato dall'Università di Siena che da allora lo ha destinato a residenza universitaria.

Gli ampi rifacimenti rinascimentali e quelli successivi non hanno alterato quell'armonia che era alla base della vita dei Certosini; l'equilibrio dell'uomo con la fede e la natura. Il chianti appare qui nei sui caratteri meno aspri, i colli accompagnano il passaggio verso la vicina Siena; viti e olivi circondano la Certosa e una campagna curata vi penetra dentro trasformandosi in preziosi giardini.