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Dizionario Geografico, Fisico e Storico della Toscana (E. Repetti)

 

FROSINI, ( castrum Frosinae ) in Val di Merse. - Villa signorile, già castello, con vasta tenuta omonima, stata grancia della vicina badia di S. Galgano, nella parrocchia plebana di S. Maria a Monti, ora detta di Malcavolo, Comunità Giurisdizione e circa 6 miglia toscane a grecale di Chiusdino, Diocesi di Volterra, Compartimento di Siena.
La rocca di Frosini esisteva sopra un poggio alto e scosceso di calcarea semigranosa avente un dirupo dalla parte del sottoposto torrente. La villa di Frosini, finora semplice fattoria con alcune case attorno e una cappella (S. Galgano) una succursale della pieve di Malcavolo, trovasi alla base del poggio sul fosso Frella , uno de'confluenti della Feccia , presso la strada provinciale che per Rosìa guida a Chiusdino.
La corte di Frosini faceva parte di una contea sino da quando il conte Gherardo figlio di altro C. Gherardo, autore della casa Gherardesca, nel 1004 dotò il mon. di S. Maria di Serena presso Chiusdino, con assegnarle, fra le altre sostanze, la sesta parte del castello di Frosini, della chiesa di S. Michele e della sua corte. In seguito il castello medesimo si trovanominato in un lodo pronunziato in Pisa li 16 agosto 1134 dagli arbitri, nominati dal pont. Innocenzo II, per terminare una controversia fra Crescenzio de'conti Pannocchieschi vesc. di Volterra da una, e donna Gena moglie del C. Ugo di Guido coi suoi figli dall'altra parte. Fu pertanto giudicato, che la detta donna insieme coi figli dovesse, nei casi di guerra, dare asilo nel castello di Frosini alle genti armate del vescovo Pannocchieschi, e che il vescovo promettesse di rilasciare in feudo ai figli del prenominato Ugo il castello medesimo di Frosini con la sua corte, purchè non fosse molestato nel dominio della metà del castello di Chiusdino e di Montieri.
I conti di Frosini per altro continuarono a recare molestie al vesc. Crescenzio per causa dello stesso castello, sicchè Crescenzio tornò ad appellare al Pontefice Innocenzo II, che affidò la causa al vesc. di Firenze, il quale proferì sentenza favorevole al suo collega. A infirmare, se non le ragioni, al certo il dominio temporale dei vescovi di Volterra sul castello e corte di Frosini, dovè contribuire di assai la sottomissione di quei conti alla Rep. di Siena, ad onta del privilegio conceduto da Arrigo VI (anno 1186) a favore del prelato volteranno Ildebrando Pannocchieschi, cui confermò l'intiero castello e distretto di Frosini.
Arroge a tutto ciò il giuramento che prestò nel 1204 uno di quei conti alla presenza de'Signori Nove di Siena, quando dichiarò di non aver mai nè venduto nè in altro modo ceduto al vescovo Ildebrando la sua porzione dei castelli e distretti di Frosini e di Miranduolo, promettendo di non alienarli senza il consenso e l'approvazione del consiglio della repubblica senese.
Con tuttociò una parte del territorio di Frosini fino d'allora trovasi posseduta dai vescovi volterrani Ildebrando e Pagano, entrambi della stirpe de'conti Pannocchieschi, autori e benefattori insigni della badia di S. Galgano, alla quale avevano ceduto anche il castello e distretto di Frosini.
Nel secolo XIII fu eretta in Frosini una mansione, ossia ospizio per i pellegrini, siccome apparisce da un istrumento del 2 gennajo 1243 fatto in Frosini.
Tratta di un obbligazione di fra Oliviero, rettore dell'ospedale situato nella corte di Frosini, di pagare a Giunta di Martino notaro 12 staja di grano per salario annuo dell'assistenza da lui prestata e da prestarsi nelle cause che aveva l'ospizio di Frosini contro Ranieri e Ildebrandino fratelli e figli di Ranieri, e contro Gherardo dei conti di Frosini.
Erano questi due fratelli Ildebrandino e Ranieri quegli stessi, che nel 5 marzo 1257, stando in Siena, venderono la sesta parte per indiviso di tutto il distretto del castellare di Miranduolo. Dopo il secolo XIV il territorio di Frosini fu definitivamente incorporato al vasto patrimonio della ricca badia de'Cistercensi di S. Galgano a Montesiepi , badia d'allora in poi assegnata in commenda a prelati domestici, o a porporati. L'ultimo commendatario, cardinale Giuseppe Maria Feroni, sotto il governo di Pietro Leopoldo francò la tenuta predetta, in guisa che potè liberamente disporre di essa a favore dei suoi nipoti ed eredi. - Il march. Leopoldo Feroni di Firenze, a cui toccò di parte la fattoria di Frosini, ha fatto cangiare d'aspetto a questa possessione mediante le molte e ben intese coltivazioni intraprese, e i nuovi edifizi che vi fa erigere; fra i quali merita di essere qui rammentato un ricco tempio che, in luogo del piccolo oratorio di S. Galgano, si va attualmente a compire con l'annessa canonica, per servire di chiesa battesimale e di residenza al pievano di Malcavolo.
Il tempio di Frosini, disegnato dall'abile ingegnere, il cav. Baccani di Firenze, è di architettura dorica con facciata, tre altari, tribuna e impiantito di marmi del luogo. È lungo br. 31, largo br. 16 e un terzo, e alto br. 22. La volta è adorna di stucchi dorati; i quadri destinati ai tre altari, dell'altezza di br. 4, e della larghezza di br. 3, sono dipinti dall'egregio prof. cav. Benvenuti. Quello dell'altar maggiore rappresenta la B. Vergine del Buonconsiglio, titolare della nuova chiesa; gli altri due raffigurano, uno la visione di S. Galgano, e l'altro il divino Salvatore con varj apostoli e genti. I poggi di Frosini, che propagansi dagli sproni meridionali della Montagnuola di Siena, sono coperti di marmi mischi di grana presso che saccaroide, di tinta bianco-grigia, venati e a colori suscettibili di un bel pulimento.

 

 

 

 

 

Il Castello di Frosini in Val di Merse

 

Frosini è un piccolo borgo situato sulla Statale 73, strada che da Siena raggiunge la provincia di Grosseto.

Fu un antico castello dei Conti Della Gherardesca: è nominato per la prima volta nell’atto di donazione del monastero di S. Maria di Serena presso Chiusdino (1004); oggi si stenta a riconoscerne la struttura, che è stata molto alterata. Sono comunque ancora visibili ampi tratti delle mura esterne ornate di merli ghibellini, l'antica porta d'accesso in pietra, sormontata da una formella in marmo con immagine di San Galgano, e una chiesetta romanica. 
Questo piccolo abitato si trovò spesso al centro di controversie tra i Della Gherardesca, legati da vincoli di fedeltà al vescovo di Volterra, e Siena, che alla fine nel 1215 ne prese la sovranità. In seguito divenne possesso dei beni della vicina abbazia di San Galgano per decreto del Concistoro della Repubblica Senese. Successivamente il castello si trovò sotto l'influenza dei Pannocchieschi, nominati in un atto del 1134 redatto a Pisa. Nel secolo XIII fu eretto a Frosini uno spedale per i pellegrini che transitavano sulla vicina Via Francigena.
Dopo il secolo XIV il territorio di Frosini fu definitivamente incorporato nel vasto patrimonio dell'Abbazia Cistercense di S. Galgano. Da allora in poi fu affidato in commenda a prelati o porporati. L'ultimo commendatario, il cardinale Giuseppe Maria Feroni, sotto il governo di Pietro Leopoldo, lasciò la tenuta in eredità ai suoi nipoti. Il marchese Leopoldo Feroni di Firenze, a cui toccò di parte la fattoria di Frosini, ristrutturò la tenuta, intraprese nuove coltivazioni e fece erigere una nuova chiesa all'ingegner Baccani di Firenze.
Al castello, come sopra detto, c'era uno spedale per pellegrini. Ma notizie storiche più precise ci riportano la presenza, dal XII al XIV secolo, di una "magione" dei Cavalieri Templari, certamente rifugio di pellegrini e viandanti ma anche base del potente e misterioso ordine cavalleresco.

Numerosi atti attestano i rapporti tra la vicina abbazia di San Galgano e i templari di Frosini: si tratta di donazioni e vendite di terreni e poderi nel circondario. Da questi atti si scopre una forte presenza templare in tutta la zona che ospitava altre magioni e poderi sotto il diretto controllo templare. Nei toponimi, nelle costruzioni e nei segni sui monumenti restano varie testimonianze di questa presenza. 
Da menzionare è la chiesa di San Michele Arcangelo, in uno spiazzo antistante il castello, minuscola, in stile romanico, tipico delle costruzioni templari. La dedica all'Arcangelo si può far risalire alla devozione a San Galgano. Secondo la leggenda San Michele apparve in sogno al Santo a indicargli la via da seguire. San Michele è un santo guerriero, ritratto sempre a spada sguainata infatti è il santo dei Cavalieri, e ovviamente dei templari. Innumerevoli sono i luoghi di culto legati ai templari e intitolati a lui: un'altra conferma della presenza dell'ordine a Frosini. 

 

Il Fantasma del Brandani
(…) La storia legata al castello di Frosini nasce dalla presenza nella rocca di strani eventi parapsicologici che videro come principale protagonista, nei decenni passati, l’apparizione di un fantasma trecentesco. La leggenda vorrebbe che tale apparizione fosse legata al morbo oscuro, la peste, che nel XIV secolo colpì il centro Italia seminando morte e desolazione in centinaia di villaggi e comunalità del paese.
Entro pochi mesi dalla sua apparizione tutti gli abitanti del castello di Frosini e dei suoi borghi limitrofi erano morti del terribile male. Solo Ilario Brandani sembrava riuscire a scampare al morbo, molti dicevano perché fosse un negromante ed un conoscitore di antiche formule per evocare i morti.

Molto più razionalmente Brandani, che fu sicuramente avvezzo a discipline negromantiche ed esoteriche, si era rifugiato e rinchiuso all’interno della rocca di Frosini con i cadaveri ed il silenzio come unici compagni. Lontano dal male non poteva venire infettato e per scampare all’inguaribile piaga le leggende vogliono che fosse rimasto chiuso nel castello per anni ed anni. La morte ben presto sopraggiunse, una morte naturale forse dovuta agli stenti patiti e non dovuta alla peste. Tale tragico evento avrebbe sancito l’inizio della leggenda innalzando la sua memoria ed il suo ricordo nell’alveo della storia.
La leggenda di Brandani costituisce
quasi un unicum folclorico nell’intero del territorio nazionale italiano presentandoci la figura di un fantasma quasi alla stregua di un vampiro nonché in grado, con il semplice sguardo, di trasformare i vivi in creature delle tenebre.

Insidiatosi nel folclore locale la leggenda narra che colui il quale incautamente fosse venuto a contatto con lo spettro del negromante si sarebbe ritrovato ben presto trasformato in un non morto, o in un morto vivente, ricollegandosi a quelle tradizioni e leggende europee che vedrebbero nell’esistenza di esseri demoniaci e notturni la testimonianza di un potere occulto e demoniaco attorno ai vivi.
La differenziazione attribuita a questo fantasma, ovvero la sua capacità trasformativa verso i vivi, potrebbe essersi originata dagli stessi interessi negromantici che in vita affiancarono il Brandani. Il suo eremitaggio forzato nel castello aggiunse probabilmente quel tocco noir agli eventi che nella cultura popolare furono filtrati per la costruzione del mito.
Coloro che fossero talmente curiosi da ricercare prove nell’antico cimitero si ritroverebbero ben presto a vagare tra povere tombe ormai in rovina, ponendosi la giusta domanda nel ricercare ove fossero stati seppelliti tutti i corpi colpiti dal morbo. Una fossa comune non ancora scoperta si potrebbe dedurre, ma non sono pochi coloro che nel passato ritenevano tali corpi vicini a quelli del Brandani, loro capo e maestro.
Le ripetute chiusure a cui il castello fu sottoposto sia nel XX secolo come in quelli precedenti accreditarono tra gli anziani del posto l’idea che la figura del negromante si aggirasse ancora nelle stanze abbandonate del castello condannando coloro che vi si fossero avventurati ad una morte eterna nel mondo dei vivi.