Dal: DIZIONARIO GEOGRAFICO FISICO E STORICO DELLA TOSCANA - Emanuele Repetti

 

CELLE in Val di Paglia. (Castrum de Cellis) Castello con pieve (Conversione di S. Paolo) nella Comunità Giurisdizione e quasi 3 miglia toscane a ponente di S. Casciano de’Bagni, nel Vicariato Regio di Radicofani, Diocesi di Chiusi, Compartimento di Siena.

Risiede sulla costa dei poggi che diramansi da quello di Cetona fra i torrenti Elvella e Rigo tributarj del fiume Paglia fra Radicofani e Ponte Centino.

È piccolo castello con strade sufficientemente larghe e abitazioni di competente apparenza.

Dal lato che guarda il paese di competente apparenza.

Dal lato che guarda il paese di S. Casciano, Celle conserva un avanzo delle sue mura con rivellini, mentre dal lato di Radicofani sopra di esse vennero costruite le abitazioni dei privati.

Vi è inoltre una rocca quasi affatto diruta con torre e un’antico pretorio.

 

L’origine di questo castello è ignota, non sapendo se dalle celle sacre, o piuttosto dalle celle vinarie o grotte colà frequenti traesse origine questo paese; il quale comincia a farsi conoscere dopo il mille, quando vi dominava una consorteria di nobili Orvietani, donde vennero i Visconti di Campiglia, e i conti di Marsciano.

Uno di questi ultimi (Cello di Bernardino) prese il nome dallo stesso castello di Celle, sul quale signoreggiò nel principio del secolo XIII, mentre il di lui figlio Azzo trovasi nominato nel privilegio che Lodovico il Bavaro, nel 5 aprile 1328, spedì da Roma a tutta quella consorteria di conti e visconti, promettendo il dominio feudale di S. Casciano de’Bagni e di Celle.

Dopo la metà del secolo XIV, uno dei più potenti magnati di Siena (Cione Salimbeni) tolse agli Orvietani e ritenne per conto proprio questo con altri castelli di quella contrada, sino che fu cacciato di là nel febbrajo del 1380 da un numeroso esercito spedito contro quel ribelle dalla Repubblica senese Spinetta Malaspina marchese di Villafranca potestà di Siena.

Due anni dopo gli abitanti di Celle ribellatisi ai loro governanti tornarono vassalli di Cione, e quindi di Cocco Salimbeni suo figlio, che cacciato di là da Nanni Piccolomini, e quindi riconquistato il castello da Cocco, questi alfine lo cedè nel 1418 alla madre patria, sotto la quale i Cellesi si mantennero fedeli sino alla caduta di Montalcino.

La parrocchia di Celle nel 1640 contava 740 abitanti; nel 1746 ne aveva 535, mentre nel 1833 era aumentata sino a 1071 abitanti.

 

 
     
 

 

Celle sul Rigo è un piccolo borgo di neppure 400 abitanti, una frazione di San Casciano dei Bagni che fa parte dell’unione dei comuni della Valdichiana senese, ma che si trova ai confini con l’Umbria e con il Lazio.

 

Celle sul Rigo è dominato da una torre del XII secolo; le strade che circondano il paese, situato in cima a un colle, Via Torno al Fosso e Via della Rocca, vanno a richiamare quello che, in epoca antica, era una castello con cinta muraria. Il suo nome, così particolare, potrebbe (come ci dice il Repetti nel suo Dizionario Geografico Fisico e Storico della Toscana) esser fatto risalire alle celle vinarie o celle sacre (grotte) che si trovano sotto il paese, scavate nel tufo e utilizzate come rifugi in tempo di guerra.

 

Da piazza G. Garibaldi (nei pressi della Torre medievale) si osserva un meraviglioso panorama sulle valli circostanti il fiume Paglia.

Celle, trovandosi lungo un ramo della via Francigena, in una posizione strategica, è intuibile l’importanza che il borgo ha rivestito nel corso della sua storia: oggetto di contese tra Orvieto e Siena, tra Stato Pontificio e Granducato di Toscana.

 

La Torre che svetta in cima a Celle, testimonia la presenza di una cinta muraria di epoca medievale, di cui oggi rimane poco o nulla.

Sono riconoscibili resti di mura lungo il borgo e torrini di difesa inglobati nelle abitazioni. (I torrini di difesa medievali erano torri, spesso quadrate o rotonde, costruite all'interno dei castelli per la difesa e l'avvistamento. Funzionavano come punti fortificati per i soldati, con finestre strette per sparare frecce senza essere colpiti. In caso di assedio, erano l'ultima linea di difesa, spesso dotate di caratteristiche come caditoie per far cadere oggetti sugli assedianti). 

 

Via San Giovanni è la strada in cui si trovano gli edifici religiosi del borgo. La Chiesa di San Giovanni, più piccola e riparata, e la Chiesa di San Paolo Converso, le cui origini risalgono al XIII secolo. Il portale e l’altare maggiore di quest’ultima provengono dalla Chiesa di Sant’Elisabetta, che si trovava nel versante sud del paese ma è stata distrutta dal terremoto e dall’incuria nel corso del XX secolo.

Sempre lungo questa via è possibile notare la cisterna che nei secoli passati veniva utilizzata come deposito per l’acqua, con i resti del vecchio meccanismo di carrucole e bicchierini.

La cisterna e la piazzetta sono stati per lungo tempo elementi centrali nella vita di Celle, di cui si trova traccia fin dal 1610. Negli anni immediatamente successivi, fu ordinata l’installazione di un’inferriata che impedisse la caduta dei bambini nel pozzo, mentre due anni più tardi fu emesso il divieto di stendervi sopra i panni. Soltanto fino a pochi anni fa, girando le ruote era ancora possibile far uscire l’acqua.

 

Il versante sudest dell’abitato di Celle sul Rigo è da almeno due secoli soggetto a frane e smottamenti. Secondo un rapporto del Genio Civile di Siena del 1924, le cause sono probabilmente da attribuire alle infiltrazioni di acqua che raggiungono uno strato di argilla impermeabile “lubrificando” il piano di scorrimento della frana.
La storia della frana si può leggere nei documenti della Compagnia Laicale del Corpus Domini, dove nel 1771 già si rilevano i pericoli a cui era sottoposta la Chiesa, che infatti cinque anni più tardi era ormai ridotta a un rudere.
Stessa sorte è toccata alla Chiesa di Santa Elisabetta, posta fuori dal paese in direzione sud: alla fine del Diciottesimo secolo si aprì una crepa nella tribuna del coro, dopodiché, tra lavori di tamponamento e nuovi crolli, susseguitisi fino agli anni Ottanta del Novecento, la chiesa è stata definitivamente abbandonata.
Dopo diversi progetti di consolidamento del terreno, alternati a ripetute ipotesi di trasferimento di Celle, negli ultimi decenni del Ventesimo secolo si è giunti a un progetto organico di messa in sicurezza della parte del paese soggetta a frane.

 

L’attuale Chiesa di San Paolo Converso non è quella originaria che, attestata nel 1275 e indicata come chiesa battesimale nel 1302, si trovava vicino alla Torre.

Il terremoto del 1777 provocò danni alla struttura, il cui progetto di ristrutturazione e consolidamento fu affidato all’architetto chiancianese Leonardo De Vegni, che pianificò la posa di contrafforti e speroni di rinforzo.

L’attuale portale d’ingresso in travertino, opera quasi certamente di maestranze senesi, risale al Quindicesimo secolo e in precedenza si trovava nell’antica chiesa di Santa Elisabetta, di cui sono visibili i ruderi ai piedi del paese. Sempre dalla stessa Chiesa proviene il dossale d’altare in travertino del 1528, posto dietro l’altare maggiore.

Nel secondo altare della navata a destra è venerato un crocefisso miracoloso in legno intagliato e dipinto nel Sedicesimo secolo, proveniente dalla Chiesa del Corpus Domini, distrutta anch’essa da una frana nel 1697.

 

Dal 1970 a Celle sul Rigo si tiene la famosa Sagra dei Pici, organizzata dalla Società Filarmonica per finanziare le attività dell’associazione, per sostenere la banda del paese e rafforzare il senso di comunità.

E ogni anno, dal 1970, a Celle sul Rigo tutte le persone del paese, in prevalenza donne, ma anche uomini e bambini, si ritrovano per “appiciare”, ovvero realizzare i pici, rigorosamente a mano.


L’appuntamento è in Piazza Garibaldi a Celle sul Rigo ogni ultimo weekend di maggio per una sagra che ha ormai mezzo secolo. 

Il successo è strepitoso e crescente ogni anno, la cucina è genuina e se oggi i pici sono famosi in tutta la provincia di Siena lo si deve proprio a questo evento che in epoca non sospetta li scelse come piatto povero della tradizione su cui puntare.

Oggi sono nove i quintali di farina che vengono lavorati ogni anno e tantissime le porzioni di pici che ne derivano in funzione dei tre giorni di sagra.

 

Quella della Sagra dei pici è una tradizione che permette alla Filarmonica di sopravvivere, portando avanti le sue attività culturali e artistiche, e alla comunità di rafforzare i propri legami.

Permette di aggregare gli abitanti di una piccola frazione (nemmeno 600 abitanti) e di creare un momento rituale, dal forte contenuto identitario.