Gioventù e vecchiaia, la salute, la malattia

 

 

Vale più un vecchio in un canto che un giovane in un campo.

  Consiglio di vecchio, e aiuto di giovane.   Il vecchio pianta la vigna, e il giovine la vendemmia.   Gastiga il cane, gastiga il lupo, non gastigare l'uomo canuto.
Ai santi vecchi non gli si da più incenso. Quanto più Fuccello è vecchio, tanto più malvolentieri lascia le piume. Il porro ha il capo bianco e la coda verde. [1] Vecchio in amore, inverno in fiore. [2]
Chi da una giovane per moglie a un vecchio, gli da la culla per dote. Una giovane 'n mano a un vecchio, un uccello 'n mano a un ragazzo e un cavallo 'n mano a un frate son tre cose strapazzate. Quel ch'è permesso in gioventù, non è permesso in vecchiaia. Chi non fa le pazzie in gioventù, le fa in vecchiaia.
A testa bianca spesso cervello manca. Tutto cala in vecchiezza, fuorché avarizia, prudenza e saviezza. De' giovani ne muor qualcuno, de' vecchi non ne campa niuno. Nella vecchiaia, la vita stanca, e la morte spaventa.
Vecchio è chi muore. Quando il vecchio non vuoi bere, nell'altro mondo vallo a vedere. Bisognerebbe essere prima vecchi e poi giovani. Se il giovane sapesse, e se il vecchio potesse, e' non c'è cosa che non si facesse.
Chi ride in gioventù, piange in vecchiaia. Giovane invidiato, o virtuoso o innamorato. Chi ha la sanità, è ricco e non lo sa. Chi è sano e non è in prigione, se si rammarica, non ha ragione.
Chi va piano va sano, chi va forte va alla morte. Sanità senza quattrini è mezza malattia. Sanità e libertà vaglion più di una città. L'allegria è il primo rimedio della scuola salernitana.
Ogni volta che uno ride, leva un chiodo alla bara. Chi vuoi vivere sanamente, viva sobrio e allegramente. Vita quieta, mente lieta, moderata dieta. Chi vuoi viver sano e lesto, mangi poco e ceni presto.
Se vuoi viver sano e lesto, fatti vecchio un po' più presto. Giovane è chi è sano. È meglio consumar le scarpe che le lenzuola. Asciutto il piede e calda la testa, e nel resto vivi da bestia.
Astinenza è prima medicina. Astinenza soverchia, infermità volontaria. Chi piscia chiaro va in tasca al medico. I cocci rotti stanno sempre per la casa.
Dura più una pentola fessa, che una nuova. La malattia de' sani è una festa che non si trova nel lunario. Caldo di panno, non fé mai danno. Ungi e frega, ogni male si dilegua.
Ogni mal fresco si sana presto. Impiastro grosso, e unguento sottile. Quando il grasso diminuisce, il magro perisce. Bacco, tabacco e Venere, riducon l'uomo in cenere.
Sole di vetro e aria di fessura mandano in sepoltura. Camera terrena, corta vita mena. Febbre terzana, non fé mai suonar campana. Febbre quartana, il vecchio uccide, e il giovane risana.
È meglio pascer febbre, che pascer debolezza. La febbre si nutrica da sé stessa. Chi dorme nel lato manco, il cuore è franco; e chi nel lato dritto, il cuore è afflitto. Mal che non duole, guarire non puole.
Braccio al petto, gamba a letto. Chi ha cattiva cera, fa cattive candele. Chi presto inossa, presto infossa. Chi ha un pie in bordello, ha l'altro allo spedale.
Chi si lamenta, può guarire. Gotta nell'ossa, dura fino alla fossa. Assai migliora, chi non peggiora. La ricaduta, è peggio della caduta.
Malattia che dura, viene a noia alle mura. Non è mai sì gran morìa, che non campi chicchessia. Il malato porta il sano. Il male non vien mai tanto tardi, che non sia troppo presto.
Il male viene a libbre e se ne va a once. Del mal d'altri l'uomo guarisce, e del proprio muore. È un gran medico chi conosce il suo male. Chi a medici si da, a sé si toglie.
Chi non ha arte, medico si faccia. Medico vecchio, barbiere giovane. Meglio un medico fortunato, che uno dotto. Si nasce caldi, e si muore freddi.
Il medico pietoso fa la piaga verminosa. L'ammalato disubbidiente fa il medico crudele. A mal mortale, né medico né medicina vale. L'infermo mentre spira sempre spera.
Oggi in figura, domani in sepoltura. Il cataletto, acquistar fa intelletto Bello, sano, in corte; ed eccoti la morte. I morti alla terra, e i vivi alla scodella.
L'ultima cosa che si ha da fare è il morire. Tanto è morire all'alba che a levata di sole. Morto che s'è una volta, non vi s'ha più a pensare. Bene, bene; e la mattina era morto.
Chi non ci vuoi vivi, ci tolga morti. La morte ci ha a trovar vivi. A palate i guai, e la morte mai. Morte desiderata, cent'anni per la casa.
La morte non guarda solamente al libro de' vecchi. La morte è come uno se la fa. Chi più vive, più muore. La morte è di casa Nonsisà.
Al gran vivere, la morte è beneficio. Se devi morire, cerca un boia pratico. Dopo morti, tutti si puzza a un modo, anche i re. Sei pie di terra ne uguaglia tutti.
 
La morte non sparagna re di Francia né di Spagna. L'ultimo vestito ce lo fanno senza tasche. Guai a colui che morte lo corregge. Dimmi la vita che fai, e ti dirò la morte che farai.
Chi ben vive, ben muore, e chi mal vive, mal muore. Chi teme la morte, non stima la fama. È meglio viver piccolo che morir grande. Piuttosto can vivo, che leone morto.
Un bel morir tutta la vita onora. Chi vien dalla fossa sa che cosa è morte. Finimondo è per chi muore. Chi muor giace, e chi vive si da pace.
All'assente e al morto non si dee far torto. Chi piange il morto, indarno s'affatica. A cavar di casa un morto, ce ne vuoi quattro dei vivi. Morto io, morto il gatto.

[1] Si dice degli anziani, e anche dei vecchi; o piuttosto lo dicono essi di sé medesimi; lasciando intendere che non sono canuti dappertutto, ma hanno gagliardìa d'uomini giovani. Nel Boccaccio sono frequenti i vecchi arzilli che si comportano o credono di comportarsi come il porro: bianchi di pelo e verdi di coda.

[2] Dove è da gustare l'ironia sottile di quell'"inverno in fiore", che quasi lascia credere a un fiorire della stagione morta, mentre sottolinea l'impossibilità che l'inverno abbia altro fiore che la sua freddezza e la sua sterilità. Si ricordino i fabliaux, popolareschi e colti, sul vecchio Gennaio che si innamora della giovanetta Maggio, con quel che gli segue di beffe e di danni.